Operatori delle televisioni, delle radio e delle testate giornalistiche locali sono lavoratrici e lavoratori che in questo momento di estrema difficoltà per il paese stanno svolgendo un servizio di pubblica utilità: garantire una informazione capillare e di qualità, centrata sul territorio e sui suoi bisogni. A questo si aggiunga il preoccupante calo della pubblicità che rappresenta la maggior entrata di queste imprese editoriali. Per queste testate locali, in cui operano insieme poligrafici e giornalisti, l’impegno a garantire il pluralismo dell’informazione, e a far pervenire capillarmente tutte le informazioni necessarie alla tutela della salute delle cittadine e dei cittadini, passa attraverso la tutela e valorizzazione del lavoro, la sicurezza a protezione dal virus, la garanzia di un reddito attraverso un salario da difendere, insieme alla propria occupazione.
Il Governo ha dato risposte a molte lavoratrici e lavoratori attraverso il decreto “Cura Italia”, ma ha lasciato coloro che operano in questo settore in balia dell’incertezza. Nemmeno la Regione, alla quale da tempo chiediamo un investimento mirato per il settore, ha dato risposte. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: crisi aziendali sempre più frequenti, che mettono a rischio il salario, nella quasi totale assenza di ammortizzatori sociali e investimenti pubblici specifici per il settore. Lavoratrici e lavoratori dimenticati – sia pur tra mille promesse – che pure svolgono un ruolo essenziale, e non soltanto ai tempi del Coronavirus: forniscono informazioni di dettaglio e di qualità, svolgendo, specie nei piccoli comuni, un servizio insostituibile; sono cassa di risonanza unica per eventi, fatti di cronaca e manifestazioni in tutto il Piemonte, presidio nelle periferie per dare voce alle comunità.
La situazione critica, già prima del Coronavirus Le concessionarie del servizio di Televisioni locali per il Piemonte si sono dimezzate negli ultimi cinque anni, con la chiusura di storiche emittente locali. Quartarete, con 52 lavoratori, è fallita e la frequenza è stata venduta dal tribunale fallimentare. Telesubalpina, storica emittente della curia Torinese, chiusa con 18 posti di lavoro svaniti. Telestudio, una delle prime emittenti Italiane, chiusa con 20 lavoratori a casa. Restano ancora operative, ma con grandi difficoltà, alcune emittenti locali che svolgono un importante servizio di informazione pubblica e di prossimità. Si tratta di Telecity, con sede ad Alessandria e con 16 dipendenti; Telecupole, con sede a Cuneo e 15 dipendenti; Rete 7 con sede a Torino e 14 dipendenti; GRP con sede a Torino e 12 dipendenti; Primantenna con sede a Rivoli (To) e 9 dipendenti; Videogruppo, collegata con Telelombardia, con 7 dipendenti a Torino; VideoNovara con 6 dipendenti.
La situazione delle testate locali è altrettanto critica: molti giornali, cartacei e online, stanno attivando gli ammortizzatori sociali e sono costretti a importanti ridimensionamenti dell’occupazione; stessa sorte sta capitando anche alle radio locali e alle televisioni via Web, per altre decine e decine di lavoratori, del tutto 1 invisibili. La maggior parte di loro sono collaboratori a partita iva e freelance, che rischiano di pagare il prezzo più alto della crisi, in termini numerici, reddituali e di mortificazione della professionalità. Il sindacato è impegnato nella tutela della salute, dei posti di lavoro e del reddito di queste lavoratrici e di questi lavoratori. Il settore dell’informazione locale merita molta più attenzione. Chiediamo alle imprese di garantire la piena applicazione del protocollo sulla sicurezza dei lavoratori anche attraverso specifiche intese le rappresentanze sindacali ed i responsabili interni. Chiediamo alla Regione e alle Istituzioni di definire un Fondo specifico per il rilancio del settore, affinché l’informazione locale possa cogliere la sfida della digitalizzazione attraverso la formazione delle proprie professionalità, un patrimonio da preservare anche definendo specifiche misure economiche, che possano rilanciare l’informazione di qualità in questa regione.
Al momento le due leggi regionali di sostegno al settore non sono finanziate: serve con urgenza dare loro capienza, intervenendo su una disciplina di riordino del sistema e rilancio dell’informazione di qualità e del servizio pubblico di prossimità sul territori. A tal proposito riteniamo che gli 80 milioni destinati alle tv locali tra le varie Regioni vadano sì distribuiti in base alla popolazione servita, ma anche e in relazione alla qualità e quantità dell’occupazione ad essi riferita, privilegiando il criterio della numerosità dei lavoratori dipendenti e della capillarità del servizio e tenendo conto della differenziazione delle tipologie contrattuali applicate. E’ il momento di puntare sulle nuove tecnologie, salvaguardando il lavoro. Facciamo che l’emergenza Coronavirus possa trasformare questa condizione di difficoltà in una concreta prospettiva per il futuro.
SLC CGIL – FISTEL CISL – UILCOM UIL Piemonte Elena Ferro, Nicola Milana, Ivano Grifone Associazione Stampa Subalpina Silvia Garbarino