La tavola rotonda “La Cisl nell’Europa di domani”

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La tavola rotonda “La Cisl nell’Europa di domani”

Quale ruolo può avere il nostro sindacato nel rinnovamento dell’istituzione europea alle prese con le grandi sfide di oggi? E’ la domanda al centro della tavola rotonda dal titolo “La Cisl nell’Europa di domani” che organizzata ieri all’Hotel Majestic di Torino dalla CISL Piemonte in collaborazione con la FNP regionale. Ai lavori, introdotti da Luca Caretti, segretario generale Cisl Piemonte, hanno partecipato il leader Cisl, Luigi Sbarra, il segretario ETUC (European Trade Union Confederation – la Confederazione dei sindacati europei), Giulio Romani, i segretari regionale e nazionale Fnp Cisl, Alessio Ferraris ed Emilio Didonè, il vicepresidente di ApicEuropa, Franco Chittolina e il giornalista, analista di Limes e docente universitario di Geopolitica Vaticana, Piero Schiavazzi.

Dopo il saluto di Alessio Ferraris, che ha ricordato l’impegno del sindacato per una partecipazione al voto consapevole, sottolineando quali vantaggi i pensionati italiani potrebbero trarre da una maggiore convergenza politica a livello europeo, dalla fiscalità alla sanità, passando per la separazione tra previdenza e assistenza,  Luca Caretti nell’introduzione ha ripreso il discorso di Pastore all’Assemblea costitutiva della CISL, nel 1950: “Anche dopo tanti anni rimane straordinariamente attuale, raccontando del movimento verso una società europea e ricordando che da sempre i lavoratori sono contrari a ogni forma di nazionalismo. Desiderano apertura, non chiusure: oggi come allora, occorre permettere la mobilità dei lavoratori in Europa”. E’ poi intervenuto Giulio Romani sul futuro del Sindacalismo in Europa: “E’ correlato al futuro dell’Europa stessa. Da una parte, c’è un futuro di integrazione e forse, un giorno, un Sindacato Europeo. Dall’altra, al massimo un coordinamento di sindacati nazionali, che ha ben meno possibilità. Il futuro dell’Europa dipende molto dalla difesa, visto il contesto attuale. Uno Stato per essere tale deve avere una difesa, una moneta e una fiscalità comune. L’Europa per ora ha solo la moneta ed è economicamente schiacciata tra un occidente “americano” e i paesi del BRICS. Non può competere coi BRICS sulle materie prime e non può competere con gli Stati Uniti sui capitali finanziari. La sua competitività si gioca sulla capacità di essere luogo di pace e di benessere, dove i cittadini di vivere a lungo, con più diritti.” Emilio Didoné si è soffermato sulla necessità di una politica europea per l’invecchiamento attivo e contro tutte le forme di ageismo: “E’ a tutti gli effetti uno strumento per affrontare la sfida demografica: la risorsa costituita dagli anziani rappresenta una delle principali ricchezze di una società evoluta, per la vastità di conoscenza e di capacità utili e preziose per educare le giovani generazioni. Ed è anche una risorsa economica, come dimostra l’affermarsi della Silver Economy”. Franco Chittolina ha ricordato: “Nel 2012 l’Unione Europea ha vinto un Nobel per la pace che deve ancora meritarsi, ma vincerebbe con enorme merito un eventuale Nobel per le occasioni mancate. Persa l’occasione della difesa unica,  persa in parte l’occasione della caduta del muro di Berlino. Nel 2005 è naufragato il progetto di Costituzione Europea.Poi però se ne accorge e solitamente prova a recuperare: si veda ad esempio il Trattato di Lisbona, che ha ripreso molte componenti della Costituzione Europea. Per la svolta devono giocare un ruolo centrale i popoli d’Europa, non solo gli Stati. Anche i corpi intermedi, indispensabile presidio di democrazia, devono rivendicare il proprio valore”. Piero Schiavazzi ha ripercorso le sue interviste ai grandi protagonisti dell’Europa: Gorbaciov, Walesa, Havel, Kohl, tutti convinti che quella iniziata fosse una marcia irreversibile: “Anche oggi le aspettative dei cittadini verso l’Europa sono estremamente concrete, come allora: non si aspettano trattati, ma un ribasso dei prezzi e una diminuzione delle disuguaglianze”.

Nelle conclusioni Luigi Sbarra ha rimarcato come il sindacato sia pienamente consapevole dell’importanza del ruolo dell’Europa dentro le grandi trasformazioni della nostra epoca: “Riteniamo necessario un “nuovo inizio” europeista. Per riuscire in questo bisognerà procedere lungo alcune linee di riforma: promuovere la convergenza “verso l’alto” dei livelli salariali, dei sistemi di contrattazione collettiva e di relazioni industriali, di protezione sociale; rafforzare la dimensione del mercato unico, con l’impegno a garantire l’applicazione delle norme sulla mobilità equa del lavoro; affrontare le sfide del lavoro sommerso, del falso lavoro autonomo. Anche in Europa bisogna approdare ad un nuovo sistema di governance che sia realmente “partecipato”. Il ruolo dei corpi intermedi, a partire dal sindacato, deve essere pieno ed effettivo. Dialogo sociale, contrattazione e partecipazione sono le chiavi da mettere al centro di una nuova governance europea, istituzionale e sociale, per far progredire qualità, stabilità e sicurezza del lavoro, incentivare sostenibilità e crescita dei territori, radicare gli investimenti rilanciando e redistribuendo la produttività, elevare l’innovazione, proteggere la persona nelle transizioni. Solo dentro una dimensione europea potremo affrontare seriamente la protezione dell’ambiente e del clima, una politica migratoria solidale, le questioni connesse alla digitalizzazione, la creazione di prospettive positive nell’ambito del mercato occupazionale per i giovani, infondendo anima ad una vera comunità dei popoli e del lavoro, verso gli Stati Uniti d’Europa”.

Paolo Arnolfo e Stefania Uberti

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