I servizi sanitari territoriali sono un punto di assoluto interesse per la Cisl, in quanto decisivi per garantire un’adeguata qualità della vita a molte persone. Negli scorsi anni, complice anche il Piano di Rientro che ha impedito al Piemonte di fare investimenti importanti su questo versante, si sono mostrati limiti e difficoltà che hanno evidenziato la necessità di una nuova ripartenza. Cosa abbiamo sul tavolo in questo momento? Due documenti di assoluto interesse: la Deliberazione della Giunta Regionale n. 3-4287 del 29 novembre 2016 e il Protocollo d’intesa sui servizi territoriali firmato in Piemonte a gennaio tra Assessorato alla Salute e CGIL CISL UIL. Si tratta di due documenti complessi e articolati, che necessitavano di un momento di spiegazione e confronto perché se ne potessero comprendere al meglio la portata e le conseguenze. Ecco dunque perché la Cisl Piemonte, in collaborazione con la Fnp Piemonte, ha proposto un seminario di approfondimento dal titolo “I servizi territoriali nella sanità – Partiamo con le Case della Salute”, che si è svolto nella mattinata di mercoledì 22 febbraio nella sede regionale di Via Sant’Anselmo 11 a Torino alla presenza di un buon numero di partecipanti.
L’intervento a nome della Fnp Piemonte
Ha poi preso la parola la Segretaria Generale della Fnp Cisl Piemonte, Rosina Partelli, che nel suo intervento ha ricordato la particolare situazione piemontese, a lungo bloccata a causa della situazione debitoria della Regione. Adesso, però, le risorse ci sono: poche, ma sufficienti per muovere i primi passi di un nuovo percorso. Non si può dire che coi due documenti sopracitati si sia istituita una rete dei servizi primari sul territorio: questa rete era già presente in precedenza, ma in modo deficitario. È bene dunque che il sindacato svolga il suo ruolo di controllo e confronto lungo questa nuova strada, per impedire che si ricada in errori già incontrati in passato. La Fnp, per le peculiarità dei suoi iscritti, è particolarmente interessata a queste tematiche: tuttavia, la sanità non è un tema che deve interessare soltanto i pensionati. Un sistema in cui sempre più persone rinunciano a curarsi per la lunghezza delle liste d’attesa o devono rivolgersi al settore privato pagando di tasca propria pone degli interrogativi a cui il sindacato non può rimanere indifferente. È dunque necessario rivitalizzare i Coordinamenti delle Politiche Sociali in tutti i territori, perché ovunque si sia pronti a monitorare questi cambiamenti: la Segretaria Generale ha parlato di una nuova stagione “fenomenale” per la negoziazione sociale.
Il cuore della mattinata è stata la relazione della dottoressa Gabriella Viberti, ricercatrice dell’Ires (Istituto di Ricerche Economico Sociali del Piemonte), che ha collaborato strettamente con la Regione nello studio della sanità territoriale.
La situazione prima delle recenti modifiche
Si è partiti con alcune nozioni generali e un quadro di ciò che accade attualmente, per meglio contestualizzare le novità introdotte dal D.G.R. n. 3. Innanzitutto, si è ricordato come la spesa sanitaria sia suddivisa in tre capitoli:prevenzione, livello distrettuale e livello ospedaliero.
Sebbene il nostro interesse sia rivolto prevalentemente al livello distrettuale, è d’obbligo osservare come la spesa per la prevenzione sia molto bassa, a testimonianza di un interesse ancora basso: chissà che le nuove disposizioni contenute nei LEA recentemente aggiornati (ne abbiamo parlato QUI ) non possano dare più lustro a queste importanti tematiche.
Le risorse spese nei servizi territoriali appaiono invece più alte rispetto agli standard: a questo dato però non si legano strutture dall’efficienza superiore alla media. Da qui, la necessità di una razionalizzazione dei costi e un riordino generale.
Guardando ai destinatari delle risorse spese sul territorio, si nota come due categorie particolarmente interessate siano gli anziani e i malati psichiatrici: due ambiti che potrebbero essere toccati fortemente dalla riorganizzazione dei servizi territoriali. L’interesse degli anziani è giustificato dall’allungamento della permanenza in stati di malattia cronica, legato all’allungamento della vita media. Troppo spesso l’onere delle cure di questi soggetti è stato caricato sulle spalle delle famiglie, che a volte sono troppo fragili per sopportarlo.
Le difficoltà di gestione della spesa sono giustificate dal fatto che molti dei servizi sono acquistati da terzi: si pensi al capitolo sociosanitario, quasi del tutto delegato a strutture private accreditate. Persino i medici di base e i pediatri di libera scelta, come si saprà, agiscono in convenzione con il SSN e non ne sono lavoratori dipendenti. Gli ospedali sono più simili a un’azienda e come tali più facili da monitorare: i servizi territoriali, al contrario, sono spesso diversi nelle varie ASL e nei vari distretti.
La delibera 26 del 29 giugno 2015 (“Interventi per il riordino della rete territoriale in attuazione del Patto per la Salute”) è stata spesso sottovalutata, ma ha sortito effetti positivi che possono essere visti come un passo preliminare al riordino attuale. I Distretti (l’articolazione sul territorio delle ASL) sono stati accorpati, passando da più di 50 a 33. Sono stati nominati tutti i Direttori di questi Distretti: persone qualificate, con spiccata impronta manageriale. Anche i medici di base, spesso accusati di saper lavorare soltanto in “splendida solitudine”, da diversi anni hanno imparato a fare rete e creare gruppi di cure primarie. Insomma, si è preparato un terreno fertile perché le Case della Salute attecchiscano e diano frutti.
A questo punto della mattinata è stato concesso spazio ad interventi del pubblico: alcuni hanno posto domande molto puntuali, altri hanno fatto delle riflessioni sulla situazione dei loro territori di appartenenza.
Le novità introdotte: le Case della Salute
La dottoressa Viberti è stata molto abile nel rispondere alle sollecitazioni del pubblico presentando al contempo l’attuale riforma.
Saranno istituite le Case delle Salute, ospitate in strutture già esistenti e di proprietà pubblica. Al loro interno troveranno luogo i servizi sanitari territoriali. Questo tipo di percorso garantirà un miglior radicamento nel territorio, nel tentativo di sgravare l’Ospedale, ad oggi chiamato in causa per una serie di prestazioni che potrebbero invece essere erogate in strutture territoriali.
Ci saranno due tipi di Casa della Salute, il cui nome riprende il gergo aeroportuale: gli Hub (strutture più complesse e complete, all’interno dei quali trovano compimento una gran varietà di servizi) e gli Spoke (strutture operative più snelle, dipendenti da un Hub di riferimento). L’obiettivo è quello di garantire la presenza di un Hub per ognuno dei 33 Distretti presenti in Piemonte. E’ auspicabile che in ogni Casa della Salute, che si tratti di un Hub o di uno Spoke, sia presente un nucleo fondamentale di figure professionali: verosimilmente, deve essere garantita la presenza di un medico di base e di una figura infermieristica, oltre a una figura amministrativa (che, con la giusta formazione, può essere ricoperta anche dal medico o dall’infermiere) che sappia ritagliarsi il ruolo di “Tutor del paziente”. Ma non ci si ferma qui: saranno i percorsi specifici e le caratteristiche del territorio a guidare le Case della Salute verso l’espansione, arricchendole di nuovi servizi in base alle esigenze incontrate. Un nodo da sciogliere è quello dei medici di base coinvolti in questi progetti: il loro ruolo sarà decisivo, ma le modalità del loro coinvolgimento sono ancora tutte da stabilire.
Si vuole però che il vero centro della Casa della Salute, l’attore indispensabile, sia il paziente: è attorno a questa figura che si cercherà di dare un nuovo volto alla sanità territoriale.
La chiusura dei lavori, affidata alla Cisl Piemonte
Ha concluso la mattinata il Segretario della Cisl Piemonte Sergio Melis, ripercorrendo le varie tappe della storia della Sanità che ci hanno portato, partendo dalle Casse Mutue, alla situazione odierna. Con il passare degli anni, si è composto un quadro affascinante e complesso, difficile da governare. Nei vari tentativi di integrazione, sinora si erano sempre imposte le riforme dall’alto, parlando soltanto di strutture ed architetture. Per la prima volta, adesso, la riforma partirà dal basso, dal territorio; inoltre, ci si interrogherà compiutamente anche sul senso dei provvedimenti. Il sindacato dovrà essere abile nello svolgimento del suo ruolo di antenna sociale: ben radicato sul territorio, dovrà intercettare tra i propri iscritti e nella cittadinanza le difficoltà e i punti critici, per sollecitare soluzioni concrete. La Casa della Salute, come più volte ribadito, non sarà un punto di arrivo ma il punto iniziale di un percorso tutto da scrivere, magari anche grazie alla negoziazione sociale da svolgere nelle ASL e nei Distretti. Il sindacato così potrà offrire la sua esperienza nel percorso di accrescimento dei servizi, partendo da ciò che è già in campo. Se dalle Case della Salute arriveranno progetti interessanti, la Regione tramite vari assessorati coinvolti metterà in campo senza dubbio le risorse. Una buona idea potrebbe essere quella di integrare anche una struttura interna alle Case della Salute che superi l’attuale Guardia Medica: sarebbe sicuramente un provvedimento importante, che garantirebbe un’apertura al pubblico più ampia rispetto al tradizionale orario settimanale. Il tutto perchè l’Ospedale non sia più visto come il punto di arrivo inevitabile per la cura di ogni problema e patologia ma come una tappa, non sempre indispensabile, di un percorso di guarigione.
Paolo Arnolfo