Il gruppo tessile Miroglio di Alba ha iniziato la produzione di mascherine due settimane fa e a regime potrebbe realizzarne 75-100 mila al giorno. Le prime ventimila distribuite all’Unità di crisi della regione
Qualche giorno fa nella sua prima conferenza stampa da commissario straordinario all’emergenza, Domenico Arcuri le ha definite, insieme ai respiratori, “le nostre munizioni per combattere la guerra contro il coronavirus”. Stiamo parlando delle mascherine, diventate nell’attuale emergenza sanitaria del Paese una merce rara e preziosa. “Ci servono – ha precisato Arcuri – 90 milioni di mascherine al mese. Purtroppo, si producono in posti lontani dal nostro e su questo materiale si sta combattendo una guerra commerciale”.
ll commissario straordinario all’emergenza coronavirus ha anche annunciato la nascita imminente di un consorzio di produttori italiani che produrrà le mascherine e per le imprese che riconvertiranno i loro impianti per produrle è stato creato un fondo ad hoc di 50 milioni di euro.
Tra i primi a destinare una parte della produzione industriale alla realizzazione di mascherine è stato il Gruppo Miroglio di Alba, in provincia di Cuneo. Miroglio, che opera nel settore tessile dal 1947 ed è presente in 22 Paesi del mondo, con un fatturato di 577 milioni di euro e 5mila addetti, ha iniziato la produzione giovedì 12 marzo nello stabilimento di Govone, nelle Langhe.
“Dopo l’appello del presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, anche lui albese, dovevamo fare qualcosa e, in pochi giorni, ci siamo riusciti”: hanno fatto sapere dall’azienda. Non si tratta di un prodotto usa e getta, ma lavabile e, quindi, riutilizzabile fino a dieci volte, grazie allo speciale cotone utilizzato e a una resina, capace di far scivolare via anche le particelle di saliva. Il gruppo piemontese potrebbe fare da apripista alle altre aziende del settore, anche se è difficile in questa fase fare previsioni. “Bisogna vedere quanto durerà l’emergenza”: hanno ammesso i vertici dell’industria tessile.
“Non si può parlare di vera riconversione industriale – ha spiegato a Conquiste Angelo Vero, sindacalista di lungo corso della Femca Cisl Cuneo – ma di una situazione particolare dettata dall’emergenza del momento. Per capire meglio quello che sta accadendo, bisogna ritornare agli anni Novanta. Con la globalizzazione, tutte le produzioni tessili a basso valore aggiunto sono state trasferite nei paesi in via di sviluppo. E in Italia, non è rimasto più nulla”.
Grazie alla rete di fasonisti del Gruppo, diffusa soprattutto nel centro Italia, le mascherine Miroglio vengono confezionate e poi consegnate alla società interna di logistica per la loro distribuzione. Le prime ventimila – che fanno parte di un lotto di 600mila, donato dal patron dell’azienda, Giuseppe Miroglio, all’Unità di crisi della regione Piemonte – sono state consegnate proprio qualche giorno fa. Il resto delle mascherine prodotte sarà fornito alla Protezione civile a prezzo di costo. Una volta a regime, Miroglio ne produrrà 75-100mila al giorno. Tutto dipenderà anche dall’arrivo della materia prima, proveniente in stragrande maggioranza dalla Turchia.
“Questa emergenza insegna che certe produzioni non considerate più strategiche – ha concluso Angelo Vero della Femca Cisl cuneese – devono ritornare ad esserlo, soprattutto nel settore tessile sanitario come camici, guanti, occhiali, garze. Il nostro sistema industriale italiano può e deve ritornare a produrre cose che la modernità ha eliminato”. Le mascherine Miroglio hanno ottenuto l’autorizzazione dall’Istituto Superiore di Sanità a essere distribuite anche fuori dalla regione Piemonte. La nostra battaglia contro il coronavirus si combatte anche così.
Rocco Zagaria
In allegato l’articolo su Conquiste del Lavoro