Marelli, 8 ore di sciopero contro la chiusura del sito di Crevalcore

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Marelli, 8 ore di sciopero contro la chiusura del sito di Crevalcore

Oggi i lavoratori di tutti gli stabilimenti del Gruppo sciopereranno per l’intera giornata per protestare contro la chiusura dello stabilimento emiliano che occupa 231 addetti

I lavoratori del Gruppo Marelli -11 siti e oltre 7mila dipendenti in Italia – incrociano le braccia per otto ore per protestare contro la decisione dell’azienda, comunicata ai sindacati nell’incontro di martedì a Roma, di voler chiudere lo stabilimento di Crevalcore (Bologna) a fine anno. “Riteniamo inaccettabile – ha affermato Stefano Boschini, coordinatore nazionale automotive Fim Cisl subito dopo l’annuncio dei vertici Marelli – questa decisione senza lo sforzo di esplorare possibili alternative produttive. Abbiamo già chiesto una convocazione urgente al Mimit per ricercare insieme una soluzione che garantisca una prospettiva industriale e occupazionale”.
Appena si è diffusa la notizia della chiusura è scattata immediatamente la mobilitazione permanente dei lavoratori dello stabilimento bolognese (231 unità, di cui 200 operai). Da giorni presidiano l’ingresso dell’impianto anche per evitare che i macchinari vengano spostati nel sito di Bari dove l’azienda ha deciso di trasferire la produzione di collettori di aspirazione in plastica, esternalizzando quella dei pressofusi in alluminio.
“Siamo entrati immediatamente in sciopero e in presidio permanente – ha spiegato Massimo Mazzeo, segretario della Fim Cisl di Bologna. Lo stabilimento di Crevalcore non deve essere smantellato. Il prezzo della transizione ecologica rischiano di pagarlo tutti e Crevalcore potrebbe essere solo il primo degli stabilimenti italiani di Marelli a chiudere visto che il gruppo non se la passa benissimo”.
Ai cancelli, a lottare contro la chiusura dell’impianto bolognese, c’è anche Grazia Vitiello, delegata della Fim Cisl. “Mi sono trasferita qui vent’anni fa con mio marito da Napoli – dice – e da diciott’anni lavoriamo entrambi alla Marelli se adesso perdiamo entrambi il lavoro non sappiamo cosa fare”. Nell’incontro di giugno tra azienda e sindacati erano già emerse le difficoltà dello stabilimento di Crevalcore, l’unico a non avere una missione produttiva chiara e con problemi di tenuta, ma i sindacati non si aspettavano un’accelerazione così improvvisa e drastica da parte dell’azienda.
Marelli ha fatto sapere che la capacità produttiva dell’impianto emiliano, vista la dinamica negativa delle attività legate al motore endotermico, è al 45%, con previsioni del 20% nel 2027. Inoltre, il bilancio 2023 dovrebbe chiudersi con un rosso di 6 milioni di euro, condizionato anche dagli costi dell’energia, e con un fatturato in calo del 30% dal 2017.
La vicenda di Crevalcore apre non solo il dibattito sul destino della manifattura italiana alle prese con la transizione ecologica, ma anche sui rischi di ridimensionamento e sulla presenza del gruppo Marelli in Italia, visti anche gli esuberi annunciati nei mesi scorsi dall’azienda che ammontano a 409 unità nel biennio 2023-2024. “Un grande gruppo come Marelli – ha tuonato il segretario generale della Fim, Roberto Benaglia – deve assolutamente rivedere le scelte industriali e riaprire con il sindacato un confronto per ridare un futuro allo stabilimento di Crevalcore. Non è possibile pensare che questo grande Gruppo punti solo a usare ammortizzatori a perdere e distruggere un patrimonio industriale. Crevalcore è una spia di un settore che se abbandonato a se stesso, farà pagare la transizione ai lavoratori”. Sulla chiusura di Crevalcore è sceso in campo anche il leader Cisl, Luigi Sbarra. “Marelli – ha sottolineato il segretario generale della Cisl – deve tornare sui propri passi sulla chiusura dello stabilimento di Crevalcore. Non può scaricare sui lavoratori il peso della transizione green e digitale del settore auto. Sistema delle imprese e governo sostengano gli investimenti e l’occupazione”. (Da Conquiste del Lavoro del 22 settembre 2023)
Rocco Zagaria( 21 settembre 2023 )

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