Foodora: sentenza a Torino respinge il ricorso di sei riders sospesi. Cisl e Felsa: “Aprire confronto con azienda per tutelare lavoratori tra i più deboli””
Per la Felsa e la Cisl “occorre aprire confronto con azienda per tutelare lavoratori tra i più deboli”
Restano ‘a piedi’ i rider che, sospesi dopo avere protestato contro le loro condizioni di lavoro, avevano fatto causa a Foodora. Il ricorso dei fattorini in bicicletta, che puntava al riconoscimento di un rapporto di subordinazione con la multinazionale tedesca del cibo a domicilio, è stato respinto dal tribunale di Torino, dove era stata intentata la prima azione legale del genere in Italia.
“Rispetto a quanto appreso dalla sentenza del Tribunale di Torino sul ricorso dei sei riders di Foodora, senza entrare nel merito del giudizio, emerge però con forza un dato preoccupante che è sotto gli occhi di tutti: questi lavoratori sono retribuiti da Foodora molto poco ed attraverso una modalità di calcolo che andrebbe approfondita con l’azienda”, commenta a caldo Alessandro Lotti, Segretario generale FeLSA Cisl Piemonte.
“Sarebbe poi interessante, per non dire indispensabile, approfondire anche altre tematiche altrettanto importanti come la copertura assicurativa contro infortuni; inoltre, per quanto la prestazione sia stata già giudicata riconducibile al lavoro autonomo, non mi pare che rispecchi a pieno tale tipologia contrattuale e nemmeno però che possa essere totalmente riconducibile al lavoro subordinato”. Rimarca infine: “Diventa importante aprire un confronto sindacale con l’azienda sulla natura del rapporto di lavoro attualmente utilizzato e cioè sulla collaborazione autonoma partendo dalla contrattazione, unico strumento che in passato per casi analoghi ha garantito maggiori tutele e prestazioni di protezione sociale”.
Negli ultimi tempi, a livello mediatico, è esploso il tema dei “lavoratori delle piattaforme” e dei “lavoretti”. Occorre però precisare che i “platform workers” sono una categoria molto variegata di persone che utilizzano le piattaforme digitali per trovare lavoro.
Una prima macro distinzione può essere rappresentata dai freelance a media-alta professionalità, che utilizzano la piattaforma come pura intermediazione per agevolare l’incontro con la domanda di lavoro; abbiamo poi i “riders“, i fattorini di Foodora per intenderci. In questo caso la piattaforma non svolge il ruolo di semplice intermediario, ma è il datore di lavoro vero e proprio, al punto da dettare le condizioni contrattuali ed economiche.
Vale la pena di capire l’origine dello stesso termine “gig” economy: la parola “gig” nasce in ambiente musicale ed artistico, quello del jazz in particolare, per descrivere un’improvvisazione di un musicista; da qui deriva quindi il senso moderno di questa espressione, che sta ad indicare un lavoretto o un incarico occasionale, temporaneo.
Con gig economy si intende quindi un modello economico sempre più diffuso dove non esistono più le prestazioni lavorative continuative (il posto fisso, con contratto a tempo indeterminato) ma si lavora on demand, cioè solo quando c’è richiesta per i propri servizi, prodotti o competenze.
Per la regolamentazione di questi “nuovi lavoretti” c’è uno strumento che potrebbe essere migliore dell’intervento del legislatore, che è la contrattazione.
-> leggi lo speciale curato da Daniel Zanda (Segretario Felsa nazionale) per “Il Sussidiario.net”
Per approfondire: Lo Speciale del programma “Presa Diretta” (2017)