Tra le diverse misure varate dal “Decreto Dignità” del 12 luglio 2018 n.87, e la sua conversione con modificazioni dalla legge 9 agosto 2018 n.96, sono state introdotte notevoli restrizioni alla regolamentazione del lavoro a tempo determinato ed alla somministrazione di lavoro.
Tali misure consistono principalmente nel ridurre la durata dei contratti temporanei: la durata massima del rapporto di lavoro in somministrazione fra stessa Agenzia per il Lavoro e lo stesso lavoratore scende da 36 mesi (come disciplinato dal Contratto Collettivo Nazionale del settore somministrazione attualmente in vigore) a 24 mesi, sia nel caso di un unico contratto, anche con proroghe, sia nel caso di successione di più contratti così come previsto dal Decreto.
In aggiunta a questo sono state reintrodotte le causali, ovvero l’obbligo che ricade sulle aziende utilizzatrici (e non sulle Agenzie per il Lavoro) di dichiarare le motivazioni eccezionali, non programmabili, temporanee e in alcuni casi estranee all’attività dell’azienda, per ricorrere al tempo determinato dopo il primo rinnovo e comunque dopo i 12 mesi di contratto; inoltre il contratto a tempo determinato e in somministrazione costerà lo 0,5% in più per ogni rinnovo.
L’obiettivo dichiarato dai promotori della norma è quello di contrastare la precarietà, scoraggiando il ricorso di contratti a termine, spingendo le aziende ad avviare più contratti a tempo interminato.
Guardando però alla realtà oggettiva dei fatti ed alla situazione economica, produttiva ed occupazionale del nostro territorio, sappiamo che purtroppo sarà molto difficile che questo scenario diventi realtà.
C’è poi un altro punto critico contenuto nel Decreto Dignità, legato al limite complessivo all’utilizzo dei contratti a termine e somministrati, pari al 30% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’azienda utilizzatrice a partire dal 1° gennaio dell’anno di stipulazione degli stessi contratti; prima di oggi, facendo riferimento alla normativa precedente (D.LGS 81/2015 “Jobs Act”), i limiti quantitativi erano invece individuati dai contratti collettivi nazionali di categoria applicati dall’azienda specifica che utilizzava lavoratori in somministrazione.
Evidenzia Alessandro Lotti, Segretario generale FeLSA Cisl Piemonte, intervenendo ad un recente incontro dedicato ad approfondire le diverse tipologie contrattuali, nell’ambito del percorso formativo promosso dalla Cisl piemontese per gli operatori dello Sportello Lavoro: “Questa nuova misura ha generato non poche preoccupazioni tra i lavoratori, dal momento che numerose aziende, anche sul nostro territorio piemontese, dovendosi allineare alla normativa potrebbero trovarsi costrette a limitare fortemente il numero di lavori in somministrazione che rischiano di trovarsi dall’oggi al domani senza un impiego e senza un reddito”.
Tutto ciò potrebbe, nella pratica, tradursi nel fatto che le stesse aziende, limitate nella possibilità di proseguire con assunzioni a termine, invece di intraprendere percorsi di stabilizzazione dei lavoratori sarebbero indotte a procedere con la loro sostituzione, alimentando un turn-over esasperato.
“Anche in questo caso a farne le spese sono ancora una volta lavoratori già precari, i più deboli nel mondo del lavoro, parliamo di persone che necessitano di continuità lavorativa attraverso percorsi di lavoro/formazione ad hoc, per essere più’ ‘forti’ nella transizione da un impiego ad un altro”, fa notare il sindacalista.
La FeLSA, oltre a fornire informazioni ed assistenza sindacale, continuerà a concentrare l’attenzione sul rilancio della somministrazione a tempo indeterminato che rappresenta un punto di sintesi tra la necessità di sicurezza del lavoratore e l’esigenza di flessibilità delle aziende, concetto che possiamo sintetizzare nella parola “flessicurezza”.
La nostra organizzazione sindacale punta anche al rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale del lavoro in somministrazione, come ulteriore occasione per sostenere la buona flessibilità e un sistema di welfare contrattuale, attraverso gli Enti bilaterali Ebitemp e Formatemp, che negli anni si è arricchito di tutele importanti (prestiti agevolati, rimborso spese sanitarie, sostegno al reddito, all’istruzione e molto altro ancora) a sostegno di questa particolare tipologia di lavoratori e delle proprie famiglie.
Paola Toriggia
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