Sento il fischio del vapore

mercoledì 30 Ottobre 2019 /

Io lavoro …

Ciao, lavoro nella centrale termica di un’azienda chimica farmaceutica della provincia di Torino. La centrale termica funziona a ciclo continuo: 365 giorni l’anno e  ha una funzione fondamentale per tutte le attività produttive. Non ci possiamo fermare, perché fermi noi si ferma lo stabilimento.

Quel giorno…

Una notte del mese di gennaio 2016, appena iniziato il turno, io, il mio collega e il capoturno che erano con me, abbiamo sentito un fischio che, normalmente, per un fuochista che lavora in una centrale termica, può essere associato o a una perdita di vapore o, cosa ancor più grave, a una perdita di gas.

La pressione della caldaia superava i 40 bar, misura che indica un problema.

Questo fischio si sentiva anche fuori dalla fabbrica, in quanto le valvole disposte in cima alla caldaia diffondevano il forte sibilo.

A quel punto abbiamo verificato che si trattava di una perdita di vapore e di acqua, segnalate da una spia visiva in vetro, adatta alle alte temperature. Eravamo sui 260 °C e fortunatamente oltre al vapore la perdita era costituita anche di acqua, cosa che ha abbassato la temperatura del getto.

A un certo punto…

Alle 22:30 circa, il mio collega è andato su cercando di “serrare” la perdita che fuoriusciva dal vetro, ma nel momento in cui svolgeva questa manovra, cercando di stringere i bulloni, il vetro si è aperto completamente ed è stato investito dal getto di acqua e vapore. Ha fatto in tempo a scansarsi dal getto fuoriuscito che fortunatamente invece di prenderlo in piena faccia, lo ha colpito al collo e alla spalla, provocandogli una leggera ustione. Aveva l’elmetto, i guanti e la giacca  ma non gli occhiali, che in questi casi sono previsti come dispositivi di protezione individuale. I dispositivi indossati hanno comunque limitato i danni: se non avesse indossato la giacca, l’ustione sarebbe stata più grave.

Si tratta di un operatore esperto, con famiglia, siamo colleghi da 10 anni, ma questa era già la terza notte del nostro turno settimanale e in questi casi l’attenzione può calare, anche se era l’inizio del turno.

Appena sentito il fischio il capoturno aveva detto al mio collega, che già si stava avviando: “Aspetta che saliamo in due a vedere cosa sta succedendo”, ma lui era già arrivato in cima alle scale. Il capo gli è subito andato dietro e quando c’è stata l’esplosione, era anche lui  sulle scale; io, nel frattempo, stavo cercando di abbassare la pressione della caldaia, chiudendo le apposite valvole, proprio per evitare ulteriori danni.

Si è comunque sfiorata la tragedia, perché il vetro, anche se non si è rotto, si è staccato frontalmente: se Giovanni non fosse riuscito a scansarsi, sarebbe stato investito in pieno viso, con dei danni molto più gravi.

Allora abbiamo…

Immediatamente abbiamo chiamato il 118 e, come da procedura, abbiamo informato il responsabile dell’azienda. il mio collega è stato trasportato in ospedale verso le 23 con una prognosi di 7 giorni per un’ustione leggera. Intanto io e il mio capo, tramite le apposite valvole, abbiamo messo in sicurezza l’impianto, per evitare ulteriori danni.

Sicuramente l’esito dell’infortunio avrebbe potuto essere molto più grave perché in questi casi il vetro tende ad esplodere e a investire direttamente il lavoratore.

I motivi di questo incidente sono diversi …

C’è stato un errore perché, in questi casi, un “esperto” evita di fare questa manovra; non ci si deve mettere davanti al vetro, proprio perché può esplodere, ma si deve effettuare la manovra stando di lato. Il problema è che il collega, forse per troppo zelo o perché si sentiva troppo sicuro, è intervenuto d’impulso, senza aspettare che venissero fatte le manovre per ridurre la pressione nell’impianto, chiudendo le valvole a monte della perdita.

La prima cosa rilevata e che l’azienda, nella figura dell’RSPP, ha accettato, è che non c’era una procedura scritta su come si deve agire in casi come questi. Questo ha salvato il lavoratore dalla “beffa” di ricevere, oltre al danno, una sanzione. Se ci fosse stata una procedura il mio collega sarebbe stato sanzionabile e avrebbe rischiato tre giorni di sospensione; in base al CCNL dei chimici, con tre giorni di sospensione ripetuti, si rischia il licenziamento; una procedura avrebbe prescritto come doveva svolgersi l’operazione sia per salvaguardare la  sicurezza e la  salute degli addetti, sia per non arrecare eventuale danno all’azienda. Infatti, in caso di infortunio grave, l’Inail si rifà anche sull’azienda aumentando il premio assicurativo.

Io sono intervenuto ed ho fatto presente che, c’erano state delle inefficienze di tutti gli operatori presenti in quel turno, in questo modo ho diviso le responsabilità fra tutti noi.

L’altro problema che ho rilevato è quello dell’usura delle guarnizioni e dei bulloni, in particolare, uno che ha ceduto. Una delle guarnizioni era usurata, con il tempo si era dilatata, staccandosi dalla struttura. Queste cose non devono succedere perché si tratta di guarnizioni speciali, adatte alle alte temperature che vengono prodotte proprio per strumentazioni di questo tipo.

Queste macchine lavorano con delle temperature di 400 °C, quindi la spia visiva, che segnala i vari livelli di pressione e temperatura, deve avere tutte le sue parti (struttura in acciaio, guarnizioni, viti, bulloni, vetro) assolutamente integre. Si tratta quindi di un problema legato alla corretta e periodica manutenzione di queste apparecchiature.

Probabilmente c’è anche un problema legato alla qualità delle guarnizioni perché da alcuni anni, per questione di costi, vengono utilizzate quelle prodotte in Cina che non sempre sono di buona qualità. Quando abbiamo controllato l’apparecchiatura, dopo la fuoriuscita del getto, la guarnizione era completamente sfilacciata, cosa che non dovrebbe succedere con questi tipi di prodotti.

Un’altra ipotesi, che è verosimile, è che uno dei bulloni non fosse avvitato in modo idoneo e che quindi, all’aumentare della pressione interna, abbia ceduto.

L’ultimo intervento di manutenzione su quell’apparecchiatura era stato fatto un paio d’anni prima e, probabilmente, non era stato ottimale. Dato che gli altri bulloni sono rimasti nella loro sede, quel bullone è saltato o perché non era stato ben avvitato o perché era usurato e si è spezzato, quindi sono state un insieme di concause ha determinare questo infortunio.

CONSIGLI PER UN RLS:

  • Mancanza procedura (IDL) impianto in produzione
  • Programmare manutenzione ordinaria
  • Aggiungere la presenza del manutentore nel turno notturno
  • Responsabilità su ruoli e competenze non autorizzate
  • Aggiornamento formazione dei lavoratori su (RISCHI-SICUREZZA-SALUTE) in particolar modo nei cambi di mansione per scelte aziendali

Categoria: