“Sono stato un viaggiatore, non un turista”: intervista al sociologo Bruno Manghi

mercoledì 19 Giugno 2024 / Focus

A colloquio con il sociologo ed ex dirigente Cisl, una delle menti più brillanti e visionarie del sindacato italiano. Intellettuale raffinato, nella sua lunga carriera ha scritto numerosi libri con cui si sono formate generazioni di cislini

 “ll mio lungo e affascinante viaggio nella Cisl è sempre stato da viaggiatore e non da turista”. Cominciamo da questa frase di Bruno Manghi per introdurre l’intervista a una delle menti più brillanti e visionarie del movimento sindacale italiano. Bruno Manghi, classe 1941, sociologo, formatore ed ex sindacalista Cisl, non ha certo bisogno di presentazioni. Intellettuale raffinato e profondo, è autore di numerosi libri con cui si sono formate generazioni di sindacalisti, soprattutto della Cisl. Come dimenticare saggi quali “Declinare crecendo”, “Interno Sindacale”, “Fare del bene”, “I benestanti” e “Le Trasformazioni del Lavoro”?

Nel libro “Il sindacato e il territorio intorno”, curato da Carlo Degiacomi per Edizioni Lavoro, 2023, Manghi parla, insieme a Tom Dealessandri e Nanni Tosco (due ex segretari generali della Cisl torinese come lui), della sua vita, della sua esperienza sindacale e del suo impegno politico e sociale in una Torino stravolta dai cambiamenti degli ultimi decenni.

Sociologo, sindacalista, formatore e consigliere politico, Manghi ha guidato la Cisl di Torino dal 1985 al 1992 ed è stato direttore del Centro Studi di Taranto e poi di Firenze, consigliere del primo governo Prodi, componente del Comitato di gestione e consigliere della Compagnia di San Paolo, nonché presidente della Fondazione Mirafiori.

“Stiamo parlando di epoche e società diverse – afferma il sociologo aprendo la nostra chiacchierata – che hanno scandito non solo l’attività sindacale, ma la nostra stessa vita. La Cisl è una grande comunità, inserita nel presente e nel futuro. Fuori, però, c’è il resto, c’è il mondo! E oggi viviamo purtroppo in un mondo ostile e difficile”.

Che cosa pensa dell’attuale situazione politica italiana?

“L’attuale situazione politica italiana è il sintomo, anche se credo in un risveglio futuro, di una società del benessere molto accentuato rispetto ai tempi della mia infanzia. Vedo una società italiana un po’ seduta, che vuole godersi questo benessere, anche se esso va pian piano sgretolandosi. Poi, ci si sveglierà”.

E dell’Europa invece?

“L’Europa è la nostra patria. Proprio per le sue differenze, per le sue difficoltà, è una cosa fantastica ma che, ovviamente, pone anche dei limiti a sogni nazionali e individualistici”.

Parliamo di sindacato. Come vede le organizzazioni dei lavoratori in un contesto così complicato?

“Il movimento sindacale, da noi e in tutto l’Occidente, non deve pensare agli anni che ha vissuto (e che sono stati i miei) sulla cresta dell’onda come uno dei massimi interlocutori della società. È già stato molto in gamba a sopravvivere a lungo alla scomparsa dei partiti politici e all’indebolimento della Chiesa. Non è una cosa da poco. Si è dovuto ovviamente ritagliare un ruolo diverso e più determinato. Non è più l’interlocutore principe di chiunque, ma come soggetto di difesa e tutela, il sindacato si conferma un protagonista sociale di primo piano e non solo in Italia. Come attore generale, invece, ha le sue difficoltà”.

E la sua Cisl?

“Si conferma un luogo di libertà, un luogo vivace e di competizione che non ha bisogno di unanimismi. Anche la Cisl ha cambiato pelle in questi decenni, con un gioco delle categorie al suo interno. L’industria è in qualche misura declinata, i settori dei trasporti e dei servizi sono esplosi, il Pubblico impiego continua a essere centrale e la Scuola cruciale. Il sindacato, come noi lo viviamo in Cisl, è una grande federazione di categorie”.

E veniamo alla sua città, Torino. Che cosa si può fare per contrastarne il declino?

“Sperare! Diffondere un sentimento di speranza perché se continuiamo a focalizzare la nostra attenzione sul declino, è finita. Il declino c’è, inutile nasconderlo, ma realtà e immaginazione vanno congiunte”.

Secondo lei, Mirafiori ha ancora un futuro?

“Si vedrà. Non facciamola troppo difficile, perché più leghiamo Mirafiori al declino di Torino, più diamo sponda a chi dovrebbe occuparsi del suo destino e invece non lo fa”.

A Torino il settore manifatturiero rivesta ancora una certa importanza. Perché è importante un lascito industriale?

“Come il lascito militare è stato fondamentale per l’avventura industriale di Torino così la sua vocazione manifatturiera è una cosa che non si può cancellare. La mentalità, la disciplina, il senso organizzativo, la passione industriale sono cose che non si perdono, anche se si possono applicare in luoghi sconosciuti. È come se parlassimo di Genova senza il suo porto”.

Di recente, presentando il libro, “Il sindacato e il territorio intorno”, in cui lei si racconta insieme ad altri due ex segretari della Cisl torinese ha affermato: “Sono stato un viaggiatore, non un turista”. Che cosa intende?

“Ho fatto tanti giri in Italia e nel mondo per conto del sindacato, grazie alla spinta di personaggi come Pierre Carniti ed altri leader. Sono stato anche lunghi anni al sud d’Italia. La mia esperienza mi fa dire che il viaggiatore, rispetto al turista, è uno che sa fermarsi un giorno in più in un posto. Perché con un solo giorno resti inevitabilmente un turista. Ecco, Io nella mia vita ho cercato di essere sempre un viaggiatore”. (Da Via Po Economia – Conquiste del Lavoro – del 19 giugno 2024)

Rocco Zagaria

 

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