Le “tante vite” di Giovanni Avonto nel ricordo della Fondazione Nocentini
La Fondazione Vera Nocentini ha ricordato il 30 maggio, al Polo del ‘900 di Torino, Giovanni Avonto, a tre anni dalla scomparsa. Lo ha fatto con un convegno dal titolo “Una vita, tante vite. Hanno partecipato all’evento, portando la loro testimonianza la direttrice, l’attuale e l’ex presidente della fondazione “Vera Nocentini”, Marcella Filippa, Enzo Pappalettera e Gianfranco Zalbaldano, il segretario generale della Cisl Torino-Canavese, Domenico Lo Bianco e, nell’ordine, Armando Michelizza, Raffaele Morese, Emilio Gabaglio, Gianni Vizio, Catia Cottone, Aldo Carera, Stefano Musso, Giovanni Ferrero, Tom Dealessandri, Marco Brunazzi e Gaetano Quadrelli.
DI SEGUITO L’INTRODUZIONE DI GIANFRANCO ZABALDANO E GLI INTERVENTI VIDEO DELLA DIRETTRICE DELLA FONDAZIONE VERA NOCENTINI, MARCELLA FILIPPA, E DEL SEGRETARIO GENERALE CISL TORINO-CANAVESE, DOMENICO LO BIANCO
INTRODUZIONE DI GIANFRANCO ZABALDANO
Siamo qui per ricordare Giovanni Avonto che ci ha lasciati il 14 febbraio del 2020. In questi giorni avrebbe compiuto 87 anni. Pochi giorni dopo fu scoperto il primo caso di COVID in Italia. Entrammo in una fase molto complicata della nostra vita sociale. Non si potevano fare riunioni. Eravamo chiusi in casa e facevamo le nostre iniziative con i dibattiti a distanza. Per questo abbiamo aspettato molto per fare questo ricordo di Giovanni. Abbiamo aspettato che i pericoli di contagio fossero scongiurati e che si potesse tranquillamente aprire una pagina nuova dello stare insieme.
Tra le vittime del Covid , anche se non è stato solo il Covid ma anche altre complicazioni, c’ è stata anche la moglie di Giovanni, Paola Spagliardi, che poco dopo se n’ è andata anche lei. Vogliamo ricordare anche Paola, fedele compagna di viaggio, amica e consigliera di Giovanni, che lo ha sostenuto e incoraggiato nel suo impegno, anche in momenti difficili. Paola è stata anche una grande professoressa, una militante sindacale della CISL Scuola che ha accolto nella sua casa i tanti amici di Giovanni, con la sua cucina impareggiabile e il sorriso sulle labbra. Voglio ancora dire che grazie alla disponibilità dei nipoti il cospicuo archivio di Giovanni è stato acquisito dalla Fondazione Nocentini. Elio Zanoni, il nostro impareggiabile archivista e amico di Giovanni, sta facendo un lavoro di preselezione e poi cercheremo le risorse per una catalogazione vera e propria per valorizzarlo come merita.
Perché “Una vita, tante vite”?
Perché Giovanni ha fatto tante cose nella sua vita che certamente avevano un filo conduttore unico: l’impegno sociale e sindacale di una persona impregnata dei valori di solidarietà del cristianesimo sociale, raccontati da persone che hanno percorso questo viaggio insieme a lui. Sono certo che molti altri avrebbero voluto intervenire e per questo vogliamo realizzare una pubblicazione in onore di Giovanni nella quale raccogliere tutto il materiale che ci sarà inviato.
Giovanni nasce a Villanova Monferrato, vicino a Casale nel 1936. Si impegna nell’azione cattolica dove incontra i suoi primi maestri, a partire dalle letture di Mounier, di don Mazzolari e di padre Vivarelli. E’ l’ azione cattolica di Mario Rossi e Carlo Carretto, che saranno poi rimossi per le loro aperture sociali che erano molto distanti dalla visione di PIO XII e di Luigi Gedda. Da quelle esperienze nasce l’impegno sociale, il rapporto libero anche con le culture della sinistra e l’attenzione per i lavoratori e quindi con il sindacato. Su queste prime esperienze Giovanni ci ha lasciato delle pagine molto belle che utilizzeremo. Poi arriva il Concilio, le aperture della Chiesa a questi temi si fanno sempre maggiori. Giovanni conclude gli studi al Politecnico e nei primi anni ’60 approda alla Olivetti. Da poco era morto Adriano Olivetti, ma l’azienda era ancora impregnata della cultura e della filosofia aziendale di quel gigante solitario della imprenditoria Italiana. Giovanni diventa Canavesano e lo resterà per tutta la vita. Alla Olivetti incontra le ACLI e il sindacato, la FIM CISL , e inizia il suo impegno sindacale e sociale nell’azienda anche perché farà parte dell’ultimo Consiglio di gestione della Olivetti in rappresentanza dei lavoratori. A raccontarci l’Avonto canavesano e della Olivetti sarà Armando Michelizza, anche lui entrato alla Olivetti qualche anno dopo, poi segretario della CISL canavesana e amico fraterno di Giovanni fino ai suoi ultimi giorni.
Alla FIM nazionale.
Nel 1972 Carniti lo chiama a Roma per rafforzare l’ Ufficio sindacale che era anche una specie di ufficio studi della FIM. Siamo nel pieno della stagione rivendicativa dopo il ’69. Si sta preparando il contratto del ’73, quello dell’ inquadramento unico, della parità normativa, delle 150 ore e di tanto altro. E qui comincia a lavorare con Raffaele Morese, con il quale inizia un rapporto di amicizia molto intenso che avrà altri momenti successivi sia in sede confederale sia quando Giovanni torna nella FIM, nell’ 86, con Raffaele segretario generale. Raffaele ci darà un suo contributo su ciò che ha rappresentato Giovanni per il suo sindacato. Nel ’73 , dopo il congresso Cesare Delpiano lo chiama a far parte della segreteria dell’Unione di Torino, insieme a Franco Gheddo. Una segreteria formidabile con tre persone molto diverse ma che si integrano perfettamente. Torrenziale e trascinante Cesare; sobrio, riservato ma determinato Franco. A questi due caratteri, Giovanni aggiunge la sua intelligenza raffinata, le sue competenze, la sua visione del mondo. Sono anni formidabili per la CISL torinese, di grande ruolo politico e contrattuale, di forte unità d’azione con gli altri sindacati e di grande crescita organizzativa. Tutti vengono, in via Barbaroux, a confrontarsi, chiedere pareri, a orientarsi. Sono anni anche difficili. Torino vive la difficile stagione del terrorismo e Giovanni è in prima fila nella battaglia per spiegare ai lavoratori che la lotta armata è un grave errore, che i terroristi sono nemici dei lavoratori.
Nel ’79 Delpiano viene chiamato a far parte della segreteria confederale. Giovanni va al Regionale CISL a fianco di Mario Manfredda e, nel 1981, diventa segretario generale dell’USR. Arrivano anni molto difficili. C’ è la prima crisi economica che colpisce anche il mondo industriale piemontese. Dopo l’ 80 alla FIAT, c’è un’ inflazione altissima, sopra il 20 % che si mangia i salari. Ci sono le prime crepe nel percorso dell’ unità sindacale che continua ad essere l’obiettivo, o forse, un sogno, per tanti di noi. Prima con le posizioni diverse sul fondo di solidarietà e poi su come intervenire per bloccare l’inflazione. Si arriva allo scontro sulla scala mobile del febbraio dell’84 , che si acuisce, l’ anno successivo, con il referendum indetto dal PCI che viene sostenuto dalla componente comunista della CGIL, con altri momenti terribili come l’assassinio di Tarantelli. Per il mondo della CISL piemontese e più ancora per quella torinese è un momento di enormi difficoltà, con la crisi di molti militanti non abituati a vivere uno scontro con i nostri compagni di strada. Il ruolo di Giovanni è in questa fase fondamentale nel convincere gli indecisi, nel sostenere gli argomenti che sorreggevano le scelte della CISL, nel gestire e poi recuperare il dissenso ed evitare che ci fossero abbandoni.
E di fatto questo momento difficile viene superato. La CISL regge la prova e si gettano le basi per una ripresa successiva, anche dal punto di vista organizzativo. Ma Giovanni riesce anche, pur in mezzo agli scontri e alle polemiche, a mantenere il filo dei rapporti unitari, anche perché c’ era poi da gestire la vita di tutti i giorni, con le crisi aziendali, le migliaia di cassintegrati e il confronto con le controparti. L’ esigenza, quindi, di fare in modo che il confronto non si facesse con la caricatura delle posizioni degli altri ma anche con l’ascolto e una discussione civile. Un momento molto importante fu un confronto tra i 3 consigli generali del Piemonte, in cui ogni organizzazione spiegava le ragioni delle proprie scelte. A rappresentare le ragioni della CISL venne a Torino Emilio Gabaglio della segreteria confederale, che venne ascoltato da tutti in religioso silenzio per la serietà e profondità delle argomentazioni. E proprio a Gabaglio abbiamo chiesto di raccontarci quel periodo.
Credo che la gestione di questa fase abbia poi creato le condizioni per la successiva ripresa dei rapporti unitari e del lavoro comune che poi porterà ai grandi accordi di concertazione del ’93. Ma a luglio dell’85 Avonto viene sconfitto al congresso regionale. Si crea una nuova maggioranza che vede i torinesi in minoranza e Giovanni inizia un nuovo percorso anche per favorire la ricostruzione dell’ unità nella CISL piemontese. Entra nella segreteria della FIM regionale, allora guidata da Carlo Daghino e poi, qualche anno dopo, quando Carlo diventa responsabile dell’ISCOS Piemontese, diventa segretario generale e lo sarà fino al ‘ 96 quando arriva l’età della pensione. Sono anni molto importanti, di ricostruzione organizzativa della FIM , di rivisitazione del modello contrattuale e di formazione dei nuovi quadri. Giovanni è una guida ferma e sicura in questo percorso. Con lui era entrato nella segreteria regionale FIM Gianni Vizio, che poi gli subentrerà come segretario generale. A lui abbiamo chiesto di raccontarci quel periodo. Nel ’96 Giovanni inizia il suo impegno alla Nocentini, ma un impegno sindacale per alcuni anni ce lo avrà ancora come componente del collegio sindacale della CISL confederale che svolge anche attività ispettive. E Giovanni, così attento alle regole, ai principi e allo statuto, era certo un uomo giusto per questo incarico.
AVONTO PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE NOCENTINI
Quando Giovanni lascia l’impegno sindacale diretto era da poco morto il suo grande amico Franco Gheddo, che era stato fondatore e presidente della Nocentini. Giovanni, che era stato tra i soci fondatori della Nocentini e aveva sempre seguito con attenzione la crescita e lo sviluppo della Fondazione, si butta a corpo morto in questa impresa e, nel corso dei suoi 18 anni di presidenza, fino al 2014, la Nocentini diventa uno dei più importanti istituti culturali della città. La Nocentini diventa sempre più riferimento per la storia del sindacato e del movimento operaio torinese e non solo. Fa ricerche e pubblicazioni sulla storia del sindacato e dei suoi protagonisti ma anche sulle trasformazioni della città e organizza dibattiti e presentazione libri sui temi di attualità. Una istituzione culturale di grande rilievo, tant’ è che le sedi, di via Barbaroux prima e di via Madama poi, sono troppo strette per raccogliere le documentazioni che affluiscono nei nostri archivi e si pone il problema di come costruire nuovi spazi per valorizzare questo ruolo della Fondazione.
A raccontare Avonto alla Nocentini intervengono Catia Cottone, assunta da Giovanni giovanissima e che ha poi lavorato con lui e con noi in tutti questi anni; Carlo Marletti, uno dei docenti universitari che fin dalla nascita della Fondazione ha lavorato con la Nocentini ed è stato per molti anni vicepresidente insieme a Giovanni , e Marta Margotti che ha lavorato molto con Giovanni, e poi anche dopo, per valorizzare un pezzo di storia della nostra città, quello dell’ impegno sociale dei cattolici, in particolare nel mondo del lavoro, del quale la Nocentini raccoglie gran parte delle testimonianze. La più importante di queste pubblicazioni è il libro “La Fabbrica dei cattolici “ pubblicato dalla nostra Fondazione e curato da Marta.
GIOVANNI STORICO DEL LAVORO
Giovanni è stato anche un’ importante storico del lavoro. Discorsi e scritti sui più vari argomenti, le pubblicazioni della Nocentini, la collaborazione con svariate riviste, ne cito una su tutte, quella con Itinerari, attestano anche le sue capacità di studioso e di sollecitatore di ricerche storiche, non solo di livello locale ma anche nazionale. Ne voglio citare una in particolare degli ultimi anni. E’ stato Giovanni a ricordare a tutti che nel 2018 c’ erano i 100 anni dalla fondazione della CIL, che era stata una esperienza sindacale importante, poi interrotta dal fascismo e che aveva precorso per molti aspetti quelle che sarebbero poi state le idee della CISL di Pastore. Mise in moto varie istituzioni culturali. Ci lavorammo in tanti, il tutto si concluse con un convegno al CNEL e uno a Torino, con una pubblicazione degli atti e con una riscoperta di una storia che era quasi dimenticata. Di Giovanni come storico ci parlano Stefano Musso e Aldo Carera, presidente della Fondazione Pastore e dell’ archivio storico Mario Romani.
GIOVANNI, LA NASCITA DELL’ ISMEL E DEL POLO DEL ‘900
Un pezzo di storia che forse è un po’ meno conosciuto da tutti è questo. Noi siamo qui in questa splendida sala, in questo splendido edificio e in questa splendida e prestigiosa istituzione che è il Polo del ‘900, dove sono ospitati gran parte dei più prestigiosi istituti culturali della nostra città: una istituzione che molti ci invidiano e altre città stanno cercando di copiare. Una cosa che non tutti conoscono è il percorso che ha portato alla nascita del Polo, e in questo percorso Giovanni Avonto ha avuto un ruolo fondamentale e determinante. Dicevo prima che all’ inizio del nuovo secolo la Nocentini non ci stava più nella sua sede, sia da un punto di vista fisico sia per le esigenze di spazi per le iniziative culturali. Problemi analoghi li avevano anche altri istituti. Il Comune venne sollecitato a dare una mano per trovare delle soluzioni. iniziò una prima collaborazione di alcuni istituti col comune per fare qui, a palazzo San Daniele, edificio abbandonato da tempo, una mostra su Torino al lavoro nel 2006, anno delle Olimpiadi.
Da quella prima esperienza nasce l’idea – che trova subito consensi nel comune di Torino, in specie il vicesindaco e assessore al Lavoro Dealessandri, ma anche l’ assessorato alla cultura, i 3 istituti culturali Gramsci, Salvemini e Nocentini che custodivano la parte più importante e cospicua degli archivi del movimento operaio – di costruire a Palazzo san Daniele il palazzo degli archivi del lavoro. Nasce l’idea di costituire l’ISMEL, con dentro il Comune. a cui si aggrega anche la Provincia e la Camera di Commercio, i 3 istituti e, subito dopo, anche CGIL CISL UIL e Unione Industriale. Si lavora per chiedere i finanziamenti per il progetto. Prima c’ è una disponibilità della Fondazione CRT che poi si ferma. A questo punto subentra la Compagnia di San Paolo che finanzia il cantiere e il progetto di ristrutturazione di palazzo san Daniele come sede dell’ISMEL. Il motore di questo percorso sarà Giovanni Avonto, primo presidente dell’ ISMEL, insieme a Tom Dealessandri vicepresidente, ma soprattutto vicesindaco e Assessore al lavoro e a Stefano Musso direttore.
Giovanni con la sua costanza, la sua tenacia, la sua pignoleria, riuscirà a trovare le risorse, a interloquire con architetti e progettisti, a favorire un ruolo anche dei nostri archivisti e bibliotecari per progettare gli spazi, i servizi. Gran parte di ciò che noi oggi vediamo è frutto del lavoro di quegli anni. Successivamente venne l’ idea di fare qualcosa in più in quegli spazi, di fare il Polo del ‘900. Noi la accogliemmo di buon grado e ne siamo poi stati tutti protagonisti, ma è doveroso ricordare che senza il lavoro di quegli anni, senza il percorso costruito e già in fase avanzata, difficilmente saremmo arrivati a questo risultato. A raccontarci questo percorso saranno Tom Dealessandri, Marco Brunazzi, Matteo D’ Ambrosio e Giovanni Ferrero.
AVONTO CRISTIANO IMPEGNATO
E veniamo alla parte finale. C’ è un filo che unisce tutte queste “vite”: dai primi impegni della sua gioventù fino agli ultimi giorni della sua vita. L’ essere di Giovanni un “cristiano adulto, con le sue idee, la sua autonomia, la sua visione del mondo, ma avendo sempre al centro l’ impegno per gli altri: quello che don Milani sintetizzava con la parola “i care” che era scritta sul muro della scuola di Barbiana. Quindi, Giovanni aveva un grande rapporto con la sua diocesi di Ivrea, in particolare con monsignor Bettazzi, vescovo emerito, che oggi avrebbe voluto venire, ma , avendo 100 anni non se l’ è sentita, ma ci ha mandato un bellissimo messaggio di ricordo e di vicinanza , e soprattutto con i sacerdoti e i laici impegnati nel mondo del lavoro: dai preti operai, speciale il suo rapporto con don Carlevaris, all’associazionismo, con la GIOC in primis e col CMO, e in particolare con la Pastorale del lavoro torinese e piemontese. Ha sempre partecipato a tutte le iniziative a partire dalla organizzazione della giornata di ritiro annuale dei sindacalisti a Pianezza Avrebbe voluto essere con noi monsignor Arnolfo , vescovo di Vercelli che è l’ attuale delegato della Conferenza episcopale piemontese a seguire la Pastorale del lavoro. Purtroppo, ha avuto un altro impegno e interviene al suo posto Gaetano Quadrelli che lo affianca come “incaricato regionale della pastorale del lavoro del Piemonte e della Valle d’ Aosta“.
L’INTERVENTO DELLA DIRETTRICE DELLA FONDAZIONE VERA NOCENTINI, MARCELLA FILIPPA
L’INTERVENTO DEL SEGRETARIO GENERALE CISL TORINO-CANAVESE, DOMENICO LO BIANCO
Categoria: Focus