Job Act, prime valutazioni: la tavola rotonda della Fondazione Nocentini
Le prime valutazioni sul Job Act in Italia e in Piemonte sono state espresse nel corso della tavola rotonda organizzata dalla Fondazione Vera Nocentini nella nuova sede del Polo del ‘900, a Torino. Dopo l’ntroduzione di Gianfranco Zabaldano, presidente della Fondazione, sono intervenuti sul tema Giorgio Vernoni, ricercatore, Laboratorio Riccardo Revelli – Centre for Employment Studies; Fiorella Lunardon, docente di Diritto del Lavoro dell’Università di Torino; Giuseppe Gherzi, direttore dell’Unione Industriali di Torino e Domenico Lo Bianco, segreterio generale Ust-Cisl Torino Canavese.
Ha moderato la serata la giornalista del Sole 24 Ore, Filomena Greco.
Tutti sono stati d’accordo nel dire che, nonostante il clamore suscitato dai dati dell’Inps di questi ultimni giorni, non collegabili o riconducibili alle misure del Job Act, “è ancora presto per esprimere una valutazione compiuta sul provvedimento varato dal governo Renzi nella primavera del 2015″. Per il ricercatore Giorgio Vernoni: “Il contratto a tutele crescenti ha aumentato la probabilità di assumere persone in precedenza sconosciute, in particolare nelle imprese con più di 15 dipendenti. Nel primo anno di applicazione gli sgravi hanno anche incentivato il ricorso ad assunzioni a tempo determinato. Questo ci dice anche che il problema numero uno delle imprese italiane è il costo del lavoro”.
Fiorella Lunardon, docente di Diritto del Lavoro dell’Università di Torino, si è concetratto soprattutto sull’aspetto normativo. “Il Job Act – ha evidenziato la docente – ha reso più chiare le regole e la reintegra ne è uscita molto depotenziata. Il suo grande merito, quindi è quello di aver fatto chiarezza. Uno sa a che cosa va incontro e quanto gli spetta in caso di licenziamento. Se l’economia soffre, come in questa fase, non può essere certo il diritto del lavoro a creare più occupazione”.
“Il Piemonte – ha sottolineato il direttore dell’Unione industriali di Torino, Giuseppe Gherzi -, sui nuovi posti di lavoro creati con le tutele crescenti è andata meglio rispetto al resto del Paese, ma peggio di tutte le altre regioni del Nord. Il flusso occupazionale continua ad esser ballerino. Ma i numeri ci dicono anche che la disoccupazione giovanile in Italia è 6 volte maggiore di quella tedesca e il doppio di quella europea. Il nostra grande problema sono le politiche attive del Lavoro. Se ne parla tanto, ma si fa poco. Su questo versante tutte le parti sociali devono agire insieme nei confronti del governo centrale per ottenere più risultati”.
Tema quello delle politiche attive ripreso anche dal segretario della Cisl Torino Canavese, Domenico Lo Bianco.
“Tutte le Agenzie formative – ha spiegato Lo Bianco – pubblicano quanti corsi fanno (e quindi quanti soldi intascano), quanti partecipanti hanno, ma nessuna dice quanti occupati crea. Per questo occorre mappare i fabbisogni specifici, in termini di posti vacanti e future richieste di nuove professionalità da parte delle imprese. Come bisogna attuare specifici percorsi di formazione, con l’obiettivo di riqualificare e ricollocare i lavoratori coinvolti nei piani di gestione degli esuberi e arricchire le competenze di quelli non ricompresi nel piano e che quindi resteranno in azienda”.
Lo Bianco è d’accordo sul fatto che non potrà essere certo una legge a creare nuovi posti di lavoro se l’economia non riparte.
“È necessario – ha conluso il segretario della Cisl di Torino – attuare una vera strategia di politiche economiche espansive, di interventi concreti ed immediati e un fortissimo rilancio di investimenti, facilitato da bassi tassi di interesse. La caduta degli investimenti ha generato in questi anni la caduta del Pil e la perdita di posti di lavoro”.
Rocco Zagaria
Categoria: Mercato del lavoro