Dalla Prefettura servono più dati e trasparenza, Cgil Cisl Uil: “Ci serve il riscontro dei controlli nelle imprese”
Oggi si è riunita la cabina di regia della Prefettura che è servita innanzitutto ad aggiornare i dati: sono salite a 2.276 – e altre sono in lavorazione – le autocertificazioni da parte delle imprese che riprendono a lavorare (con il settore difesa e le attività a ciclo continuo si arriva a quasi 2.500). Si tratta di un numero non enorme ma in costante aumento che si somma a quello dei codici ATECO. Ci sono stati, ad oggi, 902 controlli da parte della Gdf, quasi tutti documentali, e solo 100 sono state le ispezioni in azienda; 36 sono i provvedimenti di sospensione dell’attività, di cui 6 poi revocati. Ai controlli della Gdf vanno aggiunti quelli effettuati da altre forze dell’ordine, Spresal e Nas, ma di questi non c’è un numero preciso e alcun riscontro. Ci è stato nuovamente risposto in modo negativo alla richiesta di avere un riscontro almeno delle segnalazioni fatte dalle organizzazioni sindacali.
Federico Bellono, Cristina Maccari e Franco Lo Grasso, che nella cabina di regia rappresentano Cgil, Cisl, Uil di Torino hanno dichiarato: “Il numero delle aziende che fa l’autocertificazione per riprendere l’attività è in costante aumento, 2.276 nella Città Metropolitana di Torino, ma non sappiamo che fine fanno le nostre segnalazioni e quanti sono effettivamente i controlli in azienda, soprattutto per quanto riguarda il rispetto del Protocollo per la Sicurezza nei luoghi di lavoro durante l’epidemia”.
Per Bellono, Maccari e Lo Grasso: “Dei 900 controlli della Gdf solo un centinaio varcano i cancelli delle imprese. Il ‘mantra’ di riaprire il più in fretta possibile non può non fare i conti con la realtà: dovrà essere accompagnato da dati epidemiologici a livello nazionale che lo consentano, non potrà che essere preceduto da una fase sperimentale, selettiva e graduale ed essere attentamente monitorato. Torino e il Piemonte sono ancora in piena emergenza sanitaria, e in questa fase non è pensabile una sorta di ‘liberi tutti’. Fra l’altro è ancora irrisolto come impedire che un aumento della mobilità dei lavoratori che utilizzano i mezzi pubblici, non provochi una ulteriore espansione dell’epidemia. Inoltre, la certezza dell’approvvigionamento dei dispositivi di protezione durante la permanenza in azienda, che dovrà durare per tutto il periodo di assenza di un vaccino anti-virus corona, resta una incognita. Ancora oggi non tutti gli operatori sanitari ne sono provvisti. Per citare due dei tanti problemi, da qui bisogna partire, il resto è propaganda sulla pelle dei lavoratori.”
Categoria: Attualità, Emergenza COVID-19