Sportello di ascolto coronavirus Cisl P.O, parla la responsabile Elisabetta Ronco: “Ansia da ‘iorestoacasa’, il rischio è l’individualismo”

giovedì 16 Aprile 2020 / Attualità
Elisabetta Ronco, responsabile sportello di ascolto
Elisabetta Ronco, responsabile sportello di ascolto

Roma, 15 apr. (LaPresse) – Elisabetta Ronco è una psicologa e dirigente della Cisl Scuola. Proprio dalla sua esperienza di sindacalista è nata l’idea di aprire uno sportello d’ascolto con la Cisl del Piemonte Orientale per dare e risposte ai cittadini rispetto agli aspetti emotivi legati all’emergenza Covid-19. Sono tante infatti le persone che, pur non trovandosi a dover affrontare la tragedia della malattia, soffrono della ‘sindrome da lockdown’.

DOMANDA Dottoressa, come mai uno sportello di ascolto? 

RISPOSTA L’idea dello sportello è nata in sede sindacale. In federazione scuola stiamo tutti lavorando da remoto sia come docenti sia come sindacalisti e mi sono resa conto che la gente chiama come prima per avere spiegazioni, ma si sofferma tantissimo a chiacchierare. Chiudi telefonata e ti chiedi che cosa volesse: voleva semplicemente parlare. L’idea dello sportello ascolto è venuta fuori così.

D. Quali reazioni genera nelle persone quell’ ‘io resto a casa’?

R. Registro due tendenze opposte. Da un lato, c’è la ribellione di chi dice ‘esco ugualmente perché non riesco a stare in casa’. Questo è l’atteggiamento trasgressivo di chi viola le regole, di cui la cronaca ci porta esempi ogni giorno. Dall’altro, c’è un’obbedienza piana, tranquilla, anche da parte dei giovani. Sono due manifestazioni dell’ansia che questa situazione in tutti noi provoca. Tutti all’inizio avevamo ansia di notizie e allo stesso tempo paura di riceverle. Anche adesso il desiderio è tanto quanto la paura: non solo vogliamo sapere quando uscire, ma anche come potremo uscire.

D. Cosa ne pensa degli slogan studiati per indurre al rispetto delle regole?

R. Avrei qualche perplessità su certi slogan. A Vercelli la realtà ha rischiato di travolgerci, ma anche gli slogan possono travolgere. Per fortuna ora sono cambiati e veicolano messaggi più completi: siamo lontani ma vicini, siamo sempre presenti. E’ quello che cerchiamo di fare in Cisl ogni giorno.

D. Gli italiani sono psicologicamente impreparati?

R. Beh, certo, è una cosa del tutto nuova. Forse soltanto le generazioni anziane possono essere relativamente attrezzate perché hanno vissuto la guerra, ma ai ragazzi e anche a noi manca completamente quest’esperienza. Sono i giovani i più disorientati. La scuola manca sia come luogo di aggregazione sia come rito di passaggio dalle medie alle superiori. Fortunatamente la tecnologia ci aiuta, ma non è come relazione in presenza.

D. Cosa si può fare per non soccombere sul piano emotivo?

R. Il controllo dell’ansia è la prima cosa. Occorre saper gestire la propria emotività. Ciascuno di noi ha sviluppato alcune pratiche o credenze per filtrare il rapporto con la realtà. Tanto più siamo attrezzati dal punto di vista emotivo – non dico cognitivo – tanto più facilmente ne usciremo.

D. Ci possono essere effetti deleteri dovuti al divieto di uscire di casa?

R. Il rischio è la chiusura, il ripiegarsi nel proprio spazio interpersonale. Il distanziamento sociale può avere ripercussioni sociali forti: si rischia un maggiore individualismo. Dobbiamo abituarci a convivere con il virus almeno finché non ci sarà un vaccino. Questi divieti a mio avviso folli dei 200 metri da casa rischiano di provocare molti danni. Io sono una runner e con google maps ho studiato quello che ormai chiamo ‘il giro del criceto’.

D. Quali sono i casi tipici?

R. Si pensi alle famiglie numerose dove normalmente i genitori erano fuori dal mattino alla sera: la convivenza forzata è molto pesante, si creano problemi relazionali. In mancanza di altro, ci vengono in aiuto le risorse di cui disponiamo: la pazienza, il renderci conto che siamo in una situazione comunque passerà. Caso opposto è quello delle persone sole. Così come la convivenza forzata, anche la solitudine è difficile da alleviare, soprattutto se si è anziani e vengono a mancare le gite, la palestra, la parrocchia o anche solo le passeggiate.

D. Come ripensare il dopo?

R. Ci stiamo lavorando. Bisogna ripensare tutte le relazioni. Un modo per attrezzarci potrebbe essere una sorta di ‘educazione all’emotività’ per riconoscere le emozioni e padroneggiarle. E poi dovremo imparare a vedere di nuovo il nostro prossimo non come un nemico o una fonte di pericolo, quando torneremo a uscire di casa. Adesso quando si esce e si incrocia qualcuno, si cambia subito marciapiede.

Elisabetta Graziani di Agenzia Stampa LaPresse

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