Perchè è difficile la riforma delle pensioni
L’ultima riforma delle pensioni è del 2012 e porta il nome della Fornero. In un momento finanziariamente difficile la riforma ha provveduto a innalzare l’età anagrafica, il numero degli anni di contributi necessari per il diritto, inoltre ha imposto da subito l’applicazione del calcolo contributivo. Una riforma non condivisa e penalizzante per i lavoratori. Negli anni a seguire la politica ha sempre messo in conto, almeno a parole, una nuova riforma che corregga le attuali e severe normative, senza però riuscire nell’intento.
Stando al Def (documento di economia e finanza) anche per il prossimo anno non viene prevista alcuna riforma, nonostante sia molto attesa dai lavoratori, in modo particolare, per quanto riguarda un auspicato e giusto “sconto” sull’età anagrafica e sul numero degli anni di contributi necessari al pensionamento. E’ opportuno ricordare che attualmente occorrono 67 anni per la pensione di vecchiaia, mentre per la pensione anticipata (ex anzianità) a qualsiasi età, occorrono 43 anni di contributi per gli uomini, 42 per le donne e 41 per i precoci (escluse quota 103 e opzione donna che hanno scadenza annuale). Sono sicuramente tante e complesse le difficoltà da superare per poter realizzare una giusta ed organica riforma. Tra i tanti ostacoli, che però non devono essere di scusa, riteniamo che principalmente siano due le grosse difficoltà da superare: a) la sostenibilità finanziaria; b) la tenuta e l’incremento del quadro sociale.
a) la sostenibilità finanziaria. Spinta dall’impennata dell’inflazione, con i conseguenti maggiori costi per l’indicizzazione, delle pensioni in essere, la spesa delle pensioni ha ricominciato a correre. Una spesa che, secondo le ultime previsioni, dovrebbe salire dai 297,3miliardi di euro del 2022 a 320,8miliardi alla fine del 2023. L’incidenza sul Pil (prodotto interno lordo) dovrebbe essere del 16,4% contro il 15,7% del 2022. Questo andamento di spesa è un freno alla costruzione di una riforma con soluzioni onerose. E’ quanto affermato da esponenti del Governo nell’incontro con i Sindacati, avvenuto il 19 gennaio scorso.
b) la tenuta e l’incremento del quadro sociale. Per quanto riguarda il sistema pensionistico la politica (Parlamento e Governo), come il Sindacato hanno un duplice obbiettivo: garantire una serena vecchiaia a chi è già in pensione e nello stesso tempo garantire, a chi ancora lavora, la possibilità di percepire in futuro, una sicura pensione. Non è semplice in quanto le due cose sono sovente contrastanti, ma le soluzioni vanno trovate e non possono prescindere da alcune regole.
Premesso che il sistema pensionistico in Italia è a ripartizione cioè: chi attualmente lavora versa i contributi che servono per pagare le pensioni in essere, in questo modo, il lavoratore si garantisce il diritto ad una futura pensione. Questo si chiama “patto generazionale”. Le possibilità che questo patto regga e se possibile migliori nel tempo è legato a questi tre fattori: 1) una demografia sostenibile; 2) un mercato del lavoro caratterizzato da un elevato tasso di occupazione; 3) l’età del pensionamento e l’importo devono essere logici e sostenibili ed anche solidali verso i lavoratori più svantaggiati. Se attuate queste problematiche garantiscono per ora e per il futuro un miglioramento del “patto generazionale”, indispensabile per le tenuta del sistema pensionistico.
Angelo Vivenza