Pensioni: rivalutazione zero per il 2021
L’aumento delle pensioni dal prossimo anno sarà pari a “zero”. Questo a causa dell’andamento negativo dell’inflazione nei primi nove mesi del 2020. Di conseguenza il 16 novembre 2020 è stato emanato il relativo decreto da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze il quale come ogni anno fissa in via provvisoria la misura dell’inflazione registrata fino a settembre. Nel periodo: gennaio-settembre 2020 il tasso provvisorio in realtà è stato registrato in negativo dello 0,3%, ma il valore, come indicato, è stato portato a zero in quanto non può essere inferiore a questo dato. Inoltre il decreto stabilisce la percentuale definitiva della inflazione registrata nel 2019. Questa percentuale è dello 0,5%. In pagamento sulle pensioni corrisposte da gennaio 2020 è stato applicato, in via provvisoria lo 0,4%. Pertanto con la rata in pagamento nel mese di gennaio 2021 ci sarà un (misero) conguaglio dello 0,1% su quanto percepito nel 2020.
Il Governo, in un primo tempo, aveva previsto che l’attuale sistema di corresponsione della perequazione fosse prorogato fino a tutto il 2023. Questo sistema prevede l’applicazione della percentuale in sei fasce: 100% fino a quattro volte il minimo; 77% fino a 5 volte; 52% fino a 6 volte; 47% tra 6 e 8 volte; 45% fino a 9 volte; 40% oltre 9 volte. Attualmente il trattamento minimo è di 515 euro al mese per 13 mensilità. A seguito delle pressioni da parte delle Organizzazioni Sindacali l’ultima versione della nuova legge di Bilancio, inviata in Parlamento conferma il sistema solo fino al 2021. Le variazione che opportunamente si intendono apportare verranno discusse nel corso del prossimo anno, sicuramente in base alle disponibilità politica e finanziaria anche con un’opportuna valutazione delle future flessibilità in uscita dal lavoro che seguiranno la fine della sperimentazione di quota 100.
La legge di Bilancio prevede inoltre, come indicato recentemente su questo giornale, la proroga per il 2021 della pensione “Opzione Donna” per le lavoratrici dipendenti con almeno 58 anni di età (59 se autonome) e 35 anni di contributi: requisiti maturati entro il 2020. Il calcolo della pensione è interamente contributivo. Anche l’Ape Sociale è stato prorogato fino alla fine del 2021. Si ottiene con 63 anni di età per coloro che negli ultimi anni sono stati in disoccupazione oppure sono invalidi (almeno 74%), per chi accudisce parenti inabili, in tutti questi casi servono almeno 30 anni di contributi. Ne occorrono 36 per chi ha svolto, negli ultimi anni dei lavori cosi detti “gravosi” (addetti alle pulizie, operai edili, infermieri, braccianti agricoli, badanti, ecc.) viene corrisposto per 12 mensilità con un massimo di 1.500 euro lordi al mese.
Angelo Vivenza
Categoria: Attualità, Fisco e previdenza