Un anno di confronti con la Regione Piemonte
A fine anno è buona pratica tracciare un bilancio delle proprie attività, soffermandosi sui propri successi e sugli inevitabili fallimenti. Il 2020 per quasi tutti i settori è stato un anno anomalo, per le ragioni che purtroppo tutti conosciamo molto bene.
Non fa eccezione il settore della negoziazione sociale regionale: il confronto con la Regione Piemonte ha vissuto alti e bassi lungo questi dodici mesi, allacciandosi alle vicende sanitarie nazionali e spesso impedendoci di influenzare realmente le scelte dell’amministrazione. Vi proponiamo un brevissimo resoconto: non può di certo sostituire la lettura dei tanti documenti elaborati lungo l’anno (piattaforme, protocolli, proposte…), ma potrebbe offrire un quadro d’insieme dei rapporti e degli argomenti in gioco. Mantenendo lo sguardo verso il futuro, nella speranza di un nuovo anno più proficuo.
I rapporti con la Giunta Regionale
Nei primi mesi successivi all’insediamento della nuova Giunta Regionale i rapporti sono stati piuttosto freddi. Il Sindacato è stato relegato a un ruolo puramente consultivo, convocato in riunioni-fiume che vedevano la partecipazione di decine di organizzazioni più o meno rappresentative. Si ha avuto spesso la sensazione che la Regione preferisse l’interlocuzione con alcune sigle autonome, in un maldestro tentativo di mettere fuori gioco il Sindacato Confederale.
In questi primi mesi di ambiguità si è andata a inserire l’esplosione dell’emergenza pandemica, durante la quale si è manifestata la difficoltà da parte della Giunta nella gestione dei rapporti con i Sindacati. La conoscenza della complessità del mondo sindacale non si può improvvisare: così, è capitato che le categorie degli attivi venissero convocate al posto della Confederazione o venissero escluse da tavoli dove la loro competenza era incontestabile.
Una confusione che in un primo momento ha coinvolto sia il Presidente Cirio, sia gli Assessori coi quali i nostri contatti sono più frequenti: sanità (Luigi Genesio Icardi) e politiche sociali (Chiara Caucino).
L’estate ha visto la promessa di un deciso cambio di marcia, con il Presidente Cirio che ha riconosciuto ai Sindacati Confederali un ruolo negoziale ben definito. Si è arrivati alla firma di un Protocollo di Relazioni Sindacali: un risultato di tutto rispetto, considerando i presupposti iniziali.
Purtroppo però nei mesi successivi non sempre questo accordo è stato rispettato: ad esempio, alcuni tavoli di confronto che riteniamo importantissimi sono ancora in attesa di essere convocati e il rapporto con gli Assessori non è ancora completamente trasparente.
I primi mesi del 2020: la battaglia sull’invecchiamento attivo
Nei primi mesi dell’anno, prima che la pandemia scuotesse le vite di ognuno di noi, le categorie dei pensionati SPI-FNP e UILP hanno unito le forze per incalzare l’Assessorato alle Politiche Sociali sul tema dell’invecchiamento attivo. Uno degli ultimi risultati raggiunti con la Giunta precedente, infatti, era stato la promulgazione di una Legge Regionale su questo importante tema. Una Legge interessante, i cui contenuti però non sono mai stati definiti. Proprio quando la strada sembrava diventare meno dissestata, dopo un convegno sindacale nel mese di febbraio, il Covid ha costretto l’amministrazione e i sindacati a volgere il proprio sguardo altrove. Da segnalare le amare constatazioni della FNP Piemonte in occasione del 22 aprile, Giornata dell’Invecchiamento Attivo: se in passato si fossero attuate politiche mirate, molti anziani avrebbero affrontato la malattia in condizioni generali migliori, con esiti sicuramente meno drammatici.
Le RSA: Senza radici, non c’è futuro
Nella drammatica primavera del 2020, il tema affrontato con più decisione da SPI-FNP e UILP è stato quello delle RSA, le Residenze Sanitarie Assistenziali. Tristemente salite agli onori delle cronache per la vera e propria strage compiuta dal Covid19 al loro interno, sono tuttora in attesa di essere riformate in profondità, avendo mostrato tutti i loro pesanti limiti.
Nella primavera le tre sigle hanno condotto una ricerca sulla diffusione del virus nelle residenze piemontesi. E’ stata una preziosa occasione per prendere consapevolezza sulla loro presenza sul territorio, sulle tipologie di gestione, sui loro punti di forza e sui tanti problemi. Lo studio è stato alla base della campagna unitaria “Senza Radici non c’è futuro”, culminato con la conferenza stampa del 29 giugno. In autunno si è ripreso quel discorso, facendo pressioni sulla Regione con un articolo comparso sulla Stampa e con la produzione di nuovo materiale informativo: in particolare, è stato prodotto un documento contenente le proposte dei pensionati per un nuovo modello di RSA. La Regione per ora non ha mostrato molta disponibilità su questo argomento: in attesa della convocazione di un tavolo socio-sanitario (con entrambi gli Assessori), promesso e mai attivato, ci siamo dovuti accontentare di un Osservatorio Regionale sulle RSA, convocato con una buona frequenza. Questo ha permesso di superare la carenza informativa che ha contraddistinto la primavera, quando abbiamo dovuto cercare i dati sul contagio sui giornali locali. Non ci offre però la possibilità di svolgere una vera negoziazione.
Un Piano Regionale per la non autosufficienza? …non proprio.
A fine settembre ci siamo illusi che qualcosa si muovesse sul versante della non autosufficienza. Ci è stato promesso, infatti, che avremmo avuto la possibilità di discutere e approfondire i contenuti di un Piano Triennale Regionale sulla non autosufficienza. Da anni chiediamo una pianificazione scrupolosa degli interventi su questo tema così delicato, che alle sofferenze fisiche dei malati aggiunge spesso anche l’impoverimento di migliaia di famiglie.
Il Piano che ci è stato presentato in realtà non aveva le caratteristiche che avremmo voluto. Si trattava di una semplice descrizione del sistema già esistente, unita alla ripartizione delle risorse nazionali. Ecco dunque svelato il motivo della discussione (in fretta e furia) di questo documento: era una condizione indispensabile per accedere alle risorse del Fondo Nazionale.
Non ci siamo opposti alla promulgazione di questo atto: sarebbe stato irresponsabile, in un momento in cui le risorse destinate al settore sociale sono così scarse. Abbiamo però rilevato alcuni problemi nella ripartizione, segnalandoli e riuscendo a incidere in modo significativo. Rimaniamo in attesa di un vero confronto, finalizzato questa volta ad una pianificazione concreta che guardi davvero al futuro.
La Sanità: visioni diverse a confronto
La Sanità ovviamente è stata il fulcro dei nostri pensieri in tutti questi mesi. L’emergenza Covid ha mostrato tutte le debolezze del nostro sistema regionale, che negli anni passati abbiamo spesso denunciato scontrandoci con forti resistenze.
I tanti confronti nel periodo precedente all’estate hanno portato CGIL-CISL e UIL a produrre un corposo documento, inoltrato alla Regione. Leggendo quelle pagine si può capire quale sia la visione del Sindacato sulla sanità. Abbiamo un modello ben preciso in mente, che rafforza la sanità territoriale, rinnova le residenze per anziani, si prende carico dei problemi della popolazione, regola in modo trasparente i rapporti tra pubblico e privato.
Per mesi abbiamo avuto l’impressione che la nostra controparte non avesse le idee altrettanto chiare: abbiamo visto l’insediamento di ben due Commissioni (Fazio e Monchiero) per immaginare il futuro del sistema, abbiamo trattato con loro e con l’Assessore, in un clima confuso.
La proposta di rafforzamento della sanità territoriale che ci è giunta in questi giorni oltre a essere piuttosto insoddisfacente sembra dirci che anche la Giunta, nonostante i suoi tentennamenti, ha una visione ben precisa della sanità verso la quale vorrebbe muoversi: una sanità sul modello lombardo, con un forte ridimensionamento del ruolo del pubblico.
Scoperte finalmente le carte, auspichiamo per i prossimi mesi un confronto più aperto, considerate le forti diversità tra la visione sindacale e quella della Giunta.
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