Le misure contro la povertà sono legge
Con 138 voti favorevoli, 71 contrari e 21 astensioni, lo scorso 9 marzo il Senato ha approvato in via definitiva la Legge “Delega recante norme relative al contrasto alla povertà, al riordino delle prestazione e al sistema degli interventi e dei servizi sociali”, non apportando alcuna modifica al testo già approvato dalla Camera a luglio
dell’anno passato. L’importanza di questa Legge è che per la prima volta in Italia si cerca di colmare il divario esistente con i nostri partner europei prevedendo su scala nazionale l’introduzione di un sostegno minimo al reddito per i più poveri in connessione con un percorso di reinserimento socio-lavorativo. Il provvedimento ha avuto un percorso tortuoso è ed ha rischiato di rimanere bloccato a seguito del recente mutamento degli scenari politici. Grazie anche al ruolo svolto dalla Cisl nell’ambito della più vasta Alleanza contro la povertà ciò non è avvenuto, anche se è bene ricordare che per l’effettiva attuazione della delega sarà ancora necessaria l’emanazione dei connessi decreti legislativi e che ciò dovrà avvenire entro i prossimi sei mesi, con ulteriori successivi e necessari passaggi istituzionali.
I suddetti decreti dovranno disegnare nel dettaglio la misura di contrasto alla povertà tenendo conto delle linee di indirizzo tracciate dalla Legge Delega nonché delle raccomandazioni provenienti dal Senato, contenute nei diversi Ordini del giorno approvati in Commissione e in Aula. Il Senato ha infatti rinunciato a operare direttamente modifiche sul testo proveniente dalla Camera per non allungare ulteriormente i tempi del provvedimento, che avrebbe altrimenti rischiato di non essere portato a compimento entro l’attuale legislatura, preferendo esercitare un potere d’indirizzo attraverso gli impegni chiesti al governo con gli Ordini del giorno.
La struttura del provvedimento non potrà che tenere in conto, inoltre, dell’attuale misura sperimentale di contrasto alla povertà: il Sostegno all’Inclusione attiva (SIA), sperimentato prima nelle dodici principali città italiane e successivamente esteso in tutto il territorio nazionale a partire dallo scorso settembre. Il finanziamento della nuova misura, denominata Reddito d’Inclusione, potrà contare interamente sul Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, che attualmente già finanzia il SIA e che dal prossimo anno ammonterà strutturalmente a circa 1,7 miliardi annui, oltre alle risorse che potranno derivare dalla razionalizzazione degli strumenti già esistenti e
dagli eventuali risparmi che potrebbero aversi a seguito del mancato pieno impiego del suddetto fondo nell’anno in corso. Una parte di queste risorse dovrà essere destinata ai Servizi per l’Inclusione, che potranno inoltre beneficiare del cofinanziamento europeo proveniente dalla ripartizione dei fondi del PON Inclusione (circa 1 miliardo da suddividere in 6 anni), il cui primo riparto è attualmente già a disposizione dei territori proprio a sostegno dei percorsi d’inclusione previsti nel SIA.
Per quanto riguarda i punti principali del provvedimento, occorre sottolineare che la nuova misura verrà concessa al livello familiare, sulla base dell’ISEE, tenendo però conto del reddito disponibile e della capacità di spesa dei beneficiari e sarà composta da due elementi: un beneficio economico e una componente di servizi alla persona, entrambi definiti come livelli essenziali delle prestazioni. Pur se da configurarsi come misura unica ed universale, interesserà prioritariamente le famiglie in povertà con: figli minori o gravemente disabili, donne in stato di gravidanza accertata, persone disoccupate oltre i 55 anni. La parte relativa al riordino delle prestazioni assistenziali vigenti contro la povertà è stata sensibilmente ridimensionata nel passaggio del provvedimento alla Camera, interesserà presumibilmente l’ASDI, la Social Card e alcune misure minori, che tuttavia, come specifica il testo, non potranno essere legate alla disabilità o invalidità, alla genitorialità o riguardare persone non più in età di attivazione lavorativa. Per quanto riguarda i progetti personalizzati di reinserimento socio-lavorativo e la presa in carico dei beneficiari sarà prevista un’apposita équipe multidisciplinare costituita dagli ambiti territoriali (sulla base della Legge 328/2000) in collaborazione con le amministrazioni competenti sul territorio in materia di servizi per l’impiego, la formazione, le politiche abitative, la tutela della salute e l’istruzione, sulla base di una valutazione multidimensionale del bisogno, una piena partecipazione dei beneficiari e prevedendo un monitoraggio sugli esiti dei progetti.
Il ricevimento del beneficio sarà condizionato al rispetto di tali progetti e la sua durata potrà essere prolungata fino al compimento di tali progetti se persistono le condizioni di difficoltà delle famiglie beneficiarie. Verrà istituito al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali un organismo di coordinamento del sistema degli interventi e dei servizi sociali con le Regioni e le province autonome e l’’INPS, per favorire una maggiore omogeneità territoriale nell’erogazione delle prestazioni e definire le linee guida per gli interventi. Questo organismo dovrà consultare periodicamente le parti sociali e gli organismi del Terzo Settore con i quali collaborerà per le analisi e le proposte sul contrasto alla povertà.
La Cisl ha operato attraverso incontri formali e informali con il Ministero ed il Parlamento affinché l’originario Disegno di legge delega fosse migliorato e andasse incontro alle nostre proposte. Il lavoro da noi condotto nell’ambito dell’Alleanza contro la povertà sia politico che tecnico è stato fondamentale ed ha fruttato tra l’altro la partecipazione alla creazione della proposta del Reddito d’Inclusione Sociale (REIS). Continuiamo con l’Alleanza in un lavoro di mediazione tecnico-politica in questi giorni affinché i decreti attuativi siano più possibile simili a questa proposta e al suo spirito.
Siamo consapevoli che l’approvazione della Legge Delega è un passaggio storico e significativo ma non sufficiente per ciò che riteniamo sia necessario per cominciare ad orientare il nostro Welfare verso un modello più inclusivo. Ci sono due punti in particolare che riteniamo fondamentali per una buona riuscita della misura:
§ L’universalità della stessa, prevedendo un sostegno economico adeguato, non può essere raggiunta con gli attuali fondi a disposizione, che ammontano a circa un quarto
di quelli che sarebbero necessari (7,1 miliardi secondo le stime del Reis) per fare uscire tutte le famiglie dalla povertà assoluta. E’ dunque necessario, non solo disegnare le
misura adeguatamente impedendo che rimanga categoriale, ma anche proseguire la battaglia per ottenere un incremento del Fondo dedicato nelle prossime Leggi di
Stabilità. Occorre dunque definire chiaramente nei prossimi mesi il Piano nazionale per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale previsto dalla Delega e fare in modo che esso sia accompagnato da appositi finanziamenti nei prossimi anni.
§ Per uno sviluppo strutturale dei Servizi all’inclusione, carenti se non del tutto assenti in vaste aree del paese, e comunque da riorganizzare nelle aree più sviluppate, non sono sufficienti le risorse del PON Inclusione, che rischiano per loro natura di essere temporanee pur se garantite allo scopo grazie al vincolo di destinazione. E’ dunque
necessario chiedere che una significativa quota del Fondo dedicato sia permanentemente destinata allo sviluppo e al mantenimento di tali Servizi, senza i quali
la parte inclusiva della misura risulterebbe inefficace. Occorre tuttavia contestualmente evitare il rischio che questa parte finisca per essere oggetto di diversa destinazione (così come tristemente avvenuto quest’anno per buona parte del Fondo Politiche Sociali).
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