Economia demografica
Il think tank Bruegel, associazione internazionale senza scopo di lucro con sede a Bruxelles, specializzata su studi europei economici e sociali, di cui Mario Draghi è stato presidente fondatore, ha presentato un documento preparato durante l’ECOFIN organizzato a Budapest, il 14 settembre 2024, sul tema di come il cambiamento demografico inciderà sulla sostenibilità del debito nei Paesi dell’Unione Europea.
Secondo questa previsione, che valuta gli effetti dell’invecchiamento della popolazione fino al 2052, l’Unione Europea dovrà affrontare un drammatico problema demografico nei decenni a venire.
In assenza di immigrazione, si stima che la popolazione dell’UE si ridurrà in modo significativo, da 451 milioni nel 2022 a 406 milioni nel 2050, con un calo del 10 %.
Il numero di persone in età lavorativa (definite qui come quelle di età compresa tra 20 e 64 anni) diminuirà ancora di più, da 264 milioni a 207 milioni, con un calo del 21%.
Nel frattempo il numero di anziani (65 anni o più) aumenterà di 32 milioni in questo periodo e che il numero di bambini (sotto i 20 anni) diminuirà di 21 milioni.
Tali cambiamenti demografici (senza immigrazione) aumenteranno significativamente il tasso di dipendenza degli anziani, rappresentando una grave minaccia per la sostenibilità dei sistemi di welfare europei e delle finanze pubbliche.
Al ritmo attuale anche gli arrivi dai Paesi extra Ue, circa 41 milioni fino al 2052, non compenseranno solo per meno della metà dell’ammanco della popolazione in età lavorativa, determinato dal calo della natività e della forza lavoro.
Il progressivo invecchiamento della popolazione e la mancanza di sufficiente forza lavoro, per l’economia significa da un lato meno pil, dall’altro un aumento della spesa per pensioni, sanità e servizi di assistenza a lungo termine.
Fattori che hanno un impatto immediato sulla sostenibilità dei debiti pubblici.
Il progressivo invecchiamento della popolazione sta mettendo pressione sui rapporti debito pubblico/PIL dei paesi dell’Unione Europea, che si vedono costretti sia ad aumentare la spesa pubblica netta sia a ridurre la crescita potenziale.
I Paesi europei sono oggi ad un bivio perché senza misure che sostengano la natalità e l’immigrazione, per rispettare le stringenti misure del Patto di stabilità e far fronte all’aumento dei costi legati all’”inverno demografico” si dovrà per forza aumentare la pressione fiscale.
Per la media del Paesi europei, l’aumento stimato dei costi connessi all’invecchiamento calcolato sulla base delle proiezioni richiederebbe di tagliare il budget destinato alle altre uscite del 2% tra 2024 e 2052.
L’Italia ha presentato alla Commissione Europea un piano di rientro del proprio bilancio che spalma il proprio aggiustamento di bilancio nei prossimi sette anni per raggiungere un saldo primario del 3,3% nel 2031. Per raggiungere questo valore serviranno 13 miliardi che a causa dell’aumento dei costi legati all’invecchiamento della popolazione diventeranno 15 miliardi.
Il documento presentato da Bruegel propone alcune misure per cercare di invertire la rotta, tra cui quelle di accogliere più immigrati, aumentare il tasso di occupazione dei lavoratori più vecchi, migliorare i servizi pubblici di assistenza all’infanzia e i congedi parentali. Il problema è che su immigrazione e tassi di fertilità la Commissione non si è mai spinta a promuovere specifiche policy perché sono considerati temi “caldi” oggetto di discussione politica continua, mentre le periodiche raccomandazioni-Paese su temi come le pensioni e l’aumento della produttività sono state fin qui attuate in maniera molto limitata.
Per chi volesse approfondire il tema potrà trovare la ricerca al seguente link:
https://www.bruegel.org/
Categoria: