Decreto Legge Quota 100
il Consiglio dei Ministri ha varato, nella serata del 17 gennaio, il decreto-legge relativo a “Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni”.
Con questo provvedimento il Governo prevede, a partire dall’articolo 14, una serie di importanti norme di carattere previdenziale per le quali sono state stanziante nel 2019 dalla legge di bilancio 3.698 milioni. La più significativa è sicuramente la possibilità, prevista in via sperimentale dal 2019 al 2021, di accedere pensione con “quota 100”, in presenza di almeno 62 anni di età e 38 anni di contributi. Sono però presenti anche altri interventi: il blocco dell’incremento dei requisiti per variazione dell’aspettativa di vita per la pensione anticipata e la pensione precoci; la proroga di Ape sociale, la proroga di opzione donna con l’aumento di un anno nel requisito anagrafico; l’ampliamento delle possibilità di riscatto dei contributi e della laurea.
La possibilità di andare in pensione con “quota 100” e le altre misure approvate sono un’opportunità per molti lavoratori e lavoratrici, ma questo può rappresentare solo un primo passo per una vera riforma del sistema previdenziale. Molte donne e molti lavoratori discontinui o che sono stati pesantemente colpiti dalla crisi economica di questi anni, non riusciranno ad andare in pensione con “100” perché il parametro dei 38 anni di contributi rimane elevato e il decreto non prevede meccanismi di compensazione. E’ sicuramente positivo che l’Ape sociale, sia stato prorogato ma pensiamo debba essere reso strutturale proprio per dare certezza a categorie particolarmente fragili. Anche l’incremento dei requisiti della pensione di vecchiaia per aspettativa di vita, per la quale nel 2019 sono ormai richiesti a tutti 67 anni di età, deve essere bloccato e non solo quello della pensione anticipata. I dipendenti pubblici risultano penalizzati sia perché a coloro che vorranno andare in pensione con “quota 100” si applicano decorrenze pensionistiche molto più ampie dei dipendenti privati, sia perché il pagamento del trattamento di fine servizio viene differito di molti anni e la soluzione di anticipo tramite il sistema bancario è solo una risposta parziale a questo problema denunciato dal sindacato da molto tempo. Infine, se è positiva la reintroduzione del Consiglio di Amministrazione negli enti previdenziali, non possiamo considerare esaurita in questo modo la riforma della governance perché non viene rafforzato il ruolo delle parti sociali e del Consiglio di indirizzo e vigilanza.
In allegato vi inviamo una nota di approfondimento elaborata dal Dipartimento e vi invitiamo ad indirizzare al Patronato Cisl-Inas tutti gli interessati per ricevere le informazioni e una consulenza adeguata.
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