Breve storia delle RSA
Durante i mesi dell’esplosione dell’emergenza Covid19, una sigla fino a quel momento sconosciuta ai più è entrata nelle case di milioni di italiani, passando attraverso telegiornali, articoli di giornale, informazioni su internet. Quella sigla, naturalmente, è “RSA”.
Se è facile passare dalla sigla alla definizione estesa (“Residenza Socio Assistenziale”), lo è meno riuscire a distinguere tra le diverse tipologie di strutture residenziali per anziani.
Proprio per questo è opportuno, prima ancora di parlare dell’emergenza e prima di avanzare proposte, tracciare una breve storia delle RSA.
Sarebbe bello poter partire da tempi più remoti, per parlare compiutamente di come il concetto di cura degli anziani si sia evoluto attraverso i secoli, ma per esigenze di spazio ci diamo un punto molto più vicino da cui iniziare l’analisi: il 1988. Fino a quell’anno, infatti, l’aspetto sanitario delle strutture residenziali per anziani non era molto considerato: le persone nelle strutture (prevalentemente pubbliche o gestite da enti religiosi) venivano assistite, ma non curate. La storia delle RSA inizia formalmente con la Legge Finanziaria del 1988, che avvia un piano decennale di investimenti sanitari e prevede la realizzazione di 140000 posti in RSA. Una serie di passaggi normativi tra la fine degli anni ’80 e la prima metà degli anni ’90 definisce sempre meglio il ruolo e i compiti delle strutture, nonché le caratteristiche indispensabili affinchè chi risiede in una RSA sia adeguatamente assistito e curato.
Una svolta decisiva è data dal Progetto Obiettivo Anziani, del 1992, che risolve alcuni problemi di incoerenza della precedente normativa. Viene introdotto un approccio globale al paziente, che tenga conto dei suoi bisogni sanitari ma anche personali e sociali, dando forza al concetto di integrazione sociosanitaria. Da un approccio prevalentemente farmacologico, si passa a una centralità della prevenzione e delle terapie riabilitative, per preservare le capacità residue delle persone.
La caratteristica principale della RSA, che la distingue da altri tipi di struttura, è il fatto di essere una struttura extra ospedaliera riservata a persone non autosufficienti. Proprio per questo, vista la delicatezza delle condizioni delle persone ospitate, la normativa prevede una serie di vincoli da rispettare, relativi al personale che deve essere presente nella struttura, agli standard di qualità e alle dimensioni ottimali (la RSA dovrebbe superare la vecchia idea di strutture enormi e spersonalizzanti: il massimo di persone ospitate infatti dovrebbe essere 60). Sono presenti inoltre vincoli nel posizionamento (una RSA dovrebbe sempre trovarsi in zone urbane o ben collegate con mezzi pubblici) e nell’assenza di barriere architettoniche. Ogni RSA, inoltre, deve essere provvista di una carta dei servizi facilmente consultabile.
A chi volesse approfondire ulteriormente la storia delle RSA proponiamo la lettura di un articolo decisamente esauriente, pubblicato sul sito dell’Istituto Romano di San Michele: http://www.irsm.it/la-storia-dellassistenza
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