La pensione ‘Opzione Donna’ non prima dei 61 anni
La legge di Bilancio per il 2023 ha modificato, in modo molto negativo, le norme esistenti in precedenza per quanto riguarda la pensione anticipata denominata “opzione donna”. Sono rimasti invariati solo gli anni di contributi necessari per il diritto alla prestazione: 35 i quali devono essere esenti da contribuzione figurativa accreditata per malattia, infortunio e disoccupazione, mentre l’età è stata elevata a 60 anni, si scende a 59 per chi ha 1 figlio, a 58 se madre di 2 figli. Tutti questi requisiti devono essere raggiunti entro il 31 dicembre 2022. Negli anni precedenti l’età richiesta era di 58 anni per le lavoratrici dipendenti e 59 per le autonome e il numero dei figli non era previsto.
Pertanto, nel 2023, il diritto a questa pensione viene raggiunto dalle nate entro il 1962 per chi non ha figli, entro il 1963 con 1 figlio o entro il 1964 con 2 figli. Per le lavoratrici dipendenti la decorrenza di questa pensione è di 12 mesi, dopo che si è raggiunto i requisiti richiesti, mentre per chi si avvale di contributi da autonomo (artigiani, commercianti o coltivatori diretti) la decorrenza è è di18 mesi successivi al diritto. Per effetto della “finestra”, la decorrenza effettiva avviene non prima 61 o 60 oppure 59 anni di età per le dipendenti, mentre per le autonome occorrono sei mesi in più, dipende dal numero dei figli.
A decorrere da gennaio 2023, oltre all’innalzamento dell’età, ci sono altre spiacevoli novità che riducono ulteriormente il numero delle aventi diritto. Infatti la percezione di questa pensione viene riservata solo a coloro che:
a) assistono il coniuge o parente di primo grado con grave invalidità;
b)l’interessata abbia un’invalidità almeno al 74%;
c) sia dipendente o sia stata licenziata da un’azienda in stato di crisi, in quest’ultima ipotesi l’età, per il diritto, scende a 58 anni.
Con i requisiti esistenti fino alla fine del 2022 si calcola che questa pensione, sia stata utilizzata complessivamente da più di 150mila donne. Elevare l’età di ben 2 anni e riservare il diritto solo a chi ha particolari prerogative, riduce sicuramente, il numero delle aventi diritto
Al momento della sua istituzione il motivo più penalizzante di questa pensione era il sistema di calcolo che è interamente contributivo. Questo sistema è normalmente meno favorevole rispetto al calcolo misto (retributivo e contributivo) che viene attualmente applicato alle altre pensioni. Però la riduzione d’importo, con il passare degli anni è venuta ad essere meno accentuata, in quanto il periodo a calcolo retributivo, più vantaggioso, comprende sempre meno contributi versati prima del 1996.
Quindi la consistente differenza d’importo che si riscontrava negli anni passati , con il tempo si sta riducendo. Vediamo due esempi: pensione con decorrenza 2004 (data di istituzione della pensione) su 35 anni di contribuzione 26 erano a calcolo retributivo e appena 9 a calcolo contributivo, invece una pensione con decorrenza nel 2021 è esattamente l’inverso: appena 9 gli anni a calcolo retributivo e ben 26 sono previsti a calcolo contributivo. Vista la particolare e complessa normativa di questa pensione il nostro consiglio è di rivolgersi ad un ente di patronato che per la Cisl è L’Inas che a Cuneo è in Via Cascina Colombaro 33.
Angelo Vivenza