Viaggio nel cuore del Novecento a Danzica sulle tracce di Solidarnosc
DONNE DI SOLIDARNOSC
C’è un aspetto di Solidarnosc che spesso viene tralasciato dalla storiografia: il ruolo fondamentale delle donne. Uno dei motivi che alimentarono la protesta operaia dell’estate dell’80 fu infatti il licenziamento dell’attivista sindacale Anna Walentynowicz, la “pasionaria”di Solidarnosc. Assunta nel 1950 ai cantieri dapprima come saldatrice, semianalfabeta, ragazza madre sola al mondo, sfamava i figli lavorando a ritmi bestiali come manovratrice delle enormi gru dei cantieri e facendo lavori di bucato. Anna era una semplice operaia, una stakanovista, una operaia modello, ma si esponeva sempre di persona nel rivendicare i diritti degli operai alla retribuzione del lavoro straordinario o notturno o agli orari meno gravosi. In seguito alle sue proteste subì un primo licenziamento nel 1968 ed un secondo il 30 gennaio 1980 ma entrambi i provvedimenti vennero ritirati dopo le vibrate proteste dei colleghi di lavoro ed Anna fu solo spostata di reparto. La terza volta, il 7 luglio 1980, fu licenziata in tronco come “elemento antisocialista e antisociale”: significava perdere anche ogni assegno familiare per i bimbi, ogni protezione, il miniappartamento. Tutto. La notizia si diffuse rapidamente e contro il provvedimento montò rapidamente l’ondata di protesta: nei grandi cantieri di Danzica iniziò l’agitazione. Il 14 agosto i cantieri si fermarono. Gli operai scesi in lotta chiedevano la riassunzione di Anna Walentynowicz, 50 anni, trenta passati in fabbrica, pluridecorata per meriti di lavoro, attivista dei sindacati liberi non ufficiali fondati nel 1978, licenziata a cinque mesi dalla pensione. Un volantino stampato clandestinamente, appeso sotto l’orologio all’ingresso dei cantieri chiedeva il reintegro dell’operaia e incitava alla lotta: “ Se non saremo in grado di opporci ora, nessuno più sarà capace di fare niente contro l’aumento dei ritmi, contro la violazione delle norme di sicurezza, contro l’imposizione degli straordinari” La sera del 16 agosto, nonostante la firma di un primo accordo con la direzione, che prevedeva tra l’altro il reintegro di Anna, la stessa con un gruppo di donne, si mise davanti al cancello numero 3 dei cantieri per fermare gli operai che si apprestavano a rientrare a casa esortandoli a non cessare la lotta, e a continuare la protesta per il resto della Polonia, contribuendo così a dare inizio allo sciopero di solidarietà con le altre aziende polacche in agitazione. La protesta continuò ed il 31 agosto, nella sala BHP, vennero firmate le famose 21 richieste del Comitato inter- aziendale di sciopero, la lista “21 Tak!”, i ventuno sì, che l’Unesco nel 2003 ha inserito nell’elenco del patrimonio culturale dell’umanità: nacque Solidarnosc. La prima richiesta infatti era la possibilità di costituire un sindacato libero e indipendente dal regime. Qualcosa d’assolutamente impensabile in un Paese del blocco sovietico dove i sindacati non erano altro che semplici cinghie di trasmissione del partito comunista. A seguito della proclamazione della legge marziale, nel dicembre del 1981, quando molti leader del movimento finirono in carcere, furono anche molte delle donne che non erano agli arresti a portare avanti fino al 1989, anno di ritorno alla libertà, l’attività sindacale: la redazione del più importante giornale clandestino della Polonia era completamente femminile e ben quattro delle organizzazioni regionali clandestine di Solidarnosc erano presiedute da donne. Nell’89, dopo le libere elezioni della Polonia, la maggior parte di queste donne abbandonò l’attività sindacale ma se quel che è avvenuto a Danzica è una rivoluzione diversa da tutte le precedenti, una rivoluzione dalle salde radici popolari e cristiane, una forza che, senza violenza, è riuscita a cambiare la storia dell’Europa e del mondo, è anche perché lì, quando è stato necessario, sono scese in campo donne coraggiose dal temperamento forte e combattivo.
Franca Biestro – Coordinatrice Politiche di genere Fnp Cisl Piemonte
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