Danzica, fotografia di un’anima libera

lunedì 25 Settembre 2017 / Attualità

Un cammino, un viaggio, una storia ha sempre un punto di inizio. Si dice anche che per entrare in contatto diretto con un luogo, bisogna scavare nella sua “anima”.

E di “anime”, la città polacca di Danzica, ne ha indubbiamente più di una, questo è ciò che ci portiamo dentro dopo il nostro viaggio nel cuore della storia promosso dalla FNP Cisl Piemonte in collaborazione con la Fondazione Nocentini e l’Istituto Salvemini, partners del Polo del 900 di Torino, esperienza che ha visto protagonista un gruppo alquanto eterogeneo di sindacalisti della Cisl piemontese, chi con qualche capello bianco in più, molti arrivati “solo ieri”, come giovani promesse della squadra.

La nostra guida Roberto PolceIl nostro diario ha inizio dal 14 settembre, nel momento stesso in cui atterriamo all’aeroporto intitolato allo storico leader di Solidarnosc Lech Walesa; a seguire ci attende un appuntamento sulla sponda del fiume Motlawa che taglia in due la città, davanti al nuovissimo ponte mobile pedonale che si solleva per poi ridiscendere ogni mezz’ora, al fine di consentire il transito delle tante imbarcazioni che animano questa “strada” azzurra.

Ad attenderci c’è una storia nella storia, quella della nostra guida Roberto Polce, innamoratosi di questa città che lo ha adottato come un figlio.

La sua avventura inizia quando, da un piccolo paese vicino Roma, si trasferisce a Milano per frequentare l’università. “Avevo scelto un corso di lingua tedesca, ma non mi aveva convinto, scelsi allora l’indirizzo di lingua e cultura polacca”, ci racconta. In quegli anni Danzica era una città in pieno fermento, parliamo della fine degli anni ‘70 e i primi anni ‘80, proprio quando nacque il Sindacato di Solidarnosc; da allora, dopo i tanti viaggi che lo hanno portato e riportato qui, Roberto questa città non l’ha più lasciata, diventando una guida per i tanti turisti che visitano le principali città polacche, nonché autore di pubblicazioni sulla storia e cultura di questa terra; un bravissimo professionista che, grazie a tanta passione ed entusiasmo, ci ha letteralmente “avvolti” nei suoi racconti.

Dalle sue parole capiamo subito che non è un caso se il grande Sindacato e movimento di Solidarnosc è nato proprio da questa città che oggi conta oltre 450 mila abitanti, un centro che ha sempre prosperato, fin dall’antichità,  grazie ai commerci sul Baltico ed alla pesca, detto anche il “granaio” d’Europa,  sperimentando peraltro un’ampia autonomia come città-stato per ben due volte.
Oltre ad essere conosciuta  come “città della libertà”, Danzica è anche la città di una certa eleganza che si respira dappertutto, a partire dalla parte più antica della Strada Reale racchiusa tra le porte d’Oro e Verde, il “salotto” di Danzica, su cui si affacciano i monumenti più significativi come il Palazzo di Artù, sede delle antiche corporazioni e  attuale Municipio, e la Fontana del Nettuno, e, lì vicino, la chiesa di S. Maria, la più grande chiesa gotica in mattoni al mondo.

Ma ogni luogo, oltre ad avere un’anima, ha anche un colore, e quello di Danzica è indubbiamente il giallo, in tutte le sue forme e sfumature.  Ci appaiono dovunque, perché Danzica è anche la capitale mondiale dell’ambra, tesoro che è possibile scoprire all’interno del Museo dedicato, e lungo la “ulica Mariacka”, la via delle botteghe con i gioielli d’ambra; qui scopriamo anche le innumerevoli proprietà curative di questo antichissimo fossile prodotto dalla resina di conifere, che, se bruciato, produce una fiamma che differenzia un vero gioiello da quello falso.

Siamo al secondo giorno, ed è tempo di fare un lungo salto in avanti in questo viaggio nella storia, fino ad arrivare  alla “Via della Libertà” che ci porta per mano agli storici cantieri navali dove, attraversando il cancello numero 2, iniziamo a respirare la storia di un Sindacato e del suo Leader che avrebbe cambiato la storia di un Paese, e non solo; prima dell’intensa visita all’imponente struttura museale dedicata a Solidarnosc e dell’incontro con gli attuali responsabili del Sindacato polacco, c’è ancora un po’ di tempo per assaggiare un ottimo gulasch in un piccolissimo locale situato lì vicino,  frequentato dagli operai dell’unico cantiere navale ad oggi attivo in questa vastissima area. Di sicuro non ci facciamo sfuggire l’occasione!

WesterplatteDanzica non è solo la città della libertà, di Solidarnosc, dell’eleganza, dell’ambra: è anche una città in cui è stata scritta una pagina determinante quanto dolorosa della storia del secolo scorso.
Siamo nell’ottobre del 1938, quando la Germania sollecitò la cessione della Città Libera di Danzica; la Polonia rifiutò di cedere alla minaccia, ma,  il 1º settembre del 1939, le truppe tedesche invasero il Paese, dando l’inizio alla Seconda Guerra Mondiale proprio nel porto della città.
A testimonianza di quei fatti sorge oggi il monumento di Westerplatte, in memoria dei tanti soldati che persero la vita  per difendere i propri concittadini.

E’ iniziata così la nostra terza giornata a Danzica, trascorsa poi sulla riva del freschissimo Mar Baltico e con una passeggiata sul lungo molo di Sopot, graziosa cittadina di villeggiatura in stile eclettico non lontano dalla città, ci fa compagnia un bel sole tiepido.

Domenica è arrivata in un soffio, il nostro quarto ed ultimo giorno. E’ quasi l’ora di salutare, non senza prima visitare un altro luogo dalla fortissima carica simbolica ed emotiva: il Museo della Seconda Guerra Mondiale, inaugurato a marzo 2017, 5 mila metri quadrati suddivisi in blocchi tematici con una miriade di oggetti, documenti, immagini, suoni e ricostruzioni (per un’anteprima della visita clicca qui).
La parola chiave dell’esposizione sembra essere “quotidianità”, come a ricordarci che le vittime più numerose di quel conflitto, e di tutti i conflitti, sono stati e saranno sempre i civili. Ce lo ricorda anche un’immagine ingrandita  che ritrae un ragazzino solo, poco più di un  bambino, seduto su un cumulo di macerie, un’espressione che ci arriva come un pugno allo stomaco e ci fa tornare ai giorni nostri, alle immagini, che purtroppo, oggi ci arrivano in tempo reale attraverso uno schermo e che somigliano in modo drammatico a quel ragazzino ritratto più di settant’anni fa.

Il museo è volutamente cupo, c’è poca luce, se l’obiettivo è quello di provocare un senso di angoscia i curatori dell’esposizione lo hanno centrato. E’ davvero un contrasto singolare, che non si dimentica, quello che si vive uscendo da quel luogo, quasi tornare  a respirare nel  rivedere il sole, il cielo azzurro che fa da sfondo alle facciate colorate delle case, un pittore che ritrae una barca immobile sul fiume. Ascoltare e farsi attraversare, in un angolo quasi nascosto, dall’energia delle note provenienti dai violini, dalla fisarmonica e dal contrabbasso dei giovani musicisti del Conservatorio di Danzica, l’arte contro la paura, la speranza contro l’angoscia, il colore contro il buio…

Si dice che non siamo noi a fare il viaggio, ma è il viaggio che fa noi. Ed è vero, è proprio così. Arrivederci Polonia!

Paola Toriggia

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