Anziani (e non solo) al tempo del Coronavirus
Per molti italiani sono giorni strani di distanza fisica e di distacco forzato dalle tante attività che quotidianamente riempivano le giornate. Per molti anziani l’impossibilità di ritrovarsi, di chiacchierare, di disputare una partita a carte, a bocce insieme agli amici, o delle tante attività di volontariato sembra una privazione della normalità. Innanzitutto il pensiero va a chi vive questa condizione nelle zone più disagiate e/ o isolate del Paese, ma anche a tutti gli altri chiamati a vivere questo tempo strano e particolare.
Stiamo vivendo una situazione assolutamente insolita che pare immergerci in un contesto d’isolamento, di distacco, di rinuncia coma mai prima d’ora negli ultimi 70 anni dal dopoguerra. E’ un tempo imprevisto che ci lascia tutti in sospeso, che ci costringe a limitare fortemente la nostra vita ordinaria. Il tempo del Coronavirus scorre dentro ad un’incertezza che può diventare logorante se facciamo passare le nostre giornate con il rischio di fare prevalere la paura, l’ansia, la solitudine. Essere anziani poi, dentro a questo tempo, pare essere ancora più difficile. Le statistiche impietosamente ci ricordano come proprio gli anziani siano tra le persone più fragili e perciò più a rischio in caso di contagio. Come in passato, di fronte ad altri momenti cruciali della nostra storia, occorre Resistere! Innanzitutto resistere nell’osservanza delle norme e indicazioni rigorose e dolorose che limitano fortemente la nostra libertà, ma che sono “essenziali” per il raggiungimento della “vittoria finale”. E poi occorre resistere contro il cinismo di chi riduce a “normalità fisiologica” il tasso di mortalità di numerosi anziani a causa di condizioni di fragilità dovuta alla malattia, agli acciacchi, all’età. Essere anziani non è una maledizione, né una condizione in cui si è definiti solo per ciò che non si è più o che non si fa più.
Essere anziani è un dono per se stessi e per l’intera società; per sé perché si è avuto la grazia di aggiungere sempre più giorni alla vita, per la società perché nuove generazioni possono ricevere la testimonianza di un’esperienza, il racconto di una storia, la memoria che costituisce il fondamento delle istituzioni. La vecchiaia è anche il tempo della tenerezza e della dolcezza verso i figli e i nipoti, gli amici: è il tempo in cui si coltivano e ricostruiscono relazioni, si crea socialità, si tessono trame di comunità. E’ per tutti questi aspetti che fanno straordinaria la vecchiaia che è ancora più difficile vivere questo tempo di solitudine e d’isolamento forzato in casa. Dobbiamo trovare le risorse e le forze per vincere il rischio della solitudine cui ci potrebbero costringere le vincolanti indicazioni per combattere la diffusione del virus. Gabriel Garcia Marquez disse “la morte non arriva con la vecchiaia, ma con la solitudine”. Invece di pensare alle privazioni cui siamo momentaneamente costretti, invece di pensare ai “senza” ( senza passeggiata, senza il bar, senza il circolo, senza visite, senza incontri …. senza…) pensiamo invece ai “come”, come poter trasformare questi vincoli in opportunità.
Occorre reinventarci modi nuovi per tenere le relazioni in questo tempo, utilizzando il telefono, le videochiamate e tutte le tecnologie di cui siamo a conoscenza. Per chi non è solo, è anche il tempo di riscoprire la bellezza di stare insieme a chi abita con noi, per ascoltarci, e magari insieme chiamare chi sappiamo essere invece solo.
Al tempo del Coronavirus, chi può potrebbe riscoprire la lettura, ascoltare musica, ma una cosa utile per il futuro potrebbe essere quella di scrivere. Sì, scrivere semplicemente ogni giorno per tutti i giorni che saremo chiusi in casa, una memoria, una storia, un’aspettativa della nostra vita. Sarà questo un modo straordinario per riprendersi cura di noi stessi, del nostro passato: recuperare la memoria è prima di tutto un modo per descrivere il presente da consegnare ai giovani, per generare futuro e speranza. Per queste ragioni che legano così profondamente in una comunità giovani e anziani, occorre uno straordinario patto generazionale per sostenere le necessità degli anziani e di tutte le persone che, essendo fragili, sono più di tutte a rischio isolamento. C’è una generazione di giovani che volontariamente si prestano nei servizi sanitari, assistenziali, nei servizi domiciliari basici ( fornire alimentari e farmaci a domicilio) per le persone anziane e fragili della nostra società.
C’è un Paese che insieme vuole uscire da questa difficile sfida: è una generazione che affianca un’altra, perché la passione civile che ci anima ci spinge ogni giorno a ricominciare a costruire un pezzo dopo l’altro la nostra comunità per i giorni futuri, nei quali potremo di nuovo riabbracciarci e fare festa. E allora sarà bello!
PIERO RAGAZZINI
Segretario generale Fnp Cisl
Il Dubbio 27 marzo 2020
Categoria: Attualità, Emergenza COVID-19