La carenza mondiale di microchip, quali le ricadute nel settore industriale?
Le principali case automobilistiche mondiali hanno diminuito le ore di lavoro per i propri dipendenti e chiuso stabilimenti. Stavolta, però, non è colpa della crisi Covid. O almeno non solo. La ragione è la carenza mondiale di materie prime in particolare modo dei microchip, che sta preoccupando diversi settori in tutto il mondo, dalle auto agli elettrodomestici, dai computer ai telefoni cellulari. Il motivo è che la produzione globale dei semiconduttori non riesce a stare al passo con la richiesta. I semiconduttori sono dispositivi che consentono il funzionamento di computer, smartphone e dispositivi digitali, e si rendono ormai indispensabili anche per il funzionamento di moltissimi elettrodomestici, dispositivi medici, ma anche di molte automobili. La carenza è cominciata a fine 2020. La pandemia ha provocato un rallentamento della produzione, perché recuperare tutti i componenti necessari e lavorarli è diventato più complicato e finanziariamente sconveniente già a partire dai costi trasporto, che hanno visto tariffe anche triplicate a causa del Covid. Ma nello stesso periodo, con il lockdown, è esplosa la domanda di apparecchi elettronici, e dunque di microchip. E le consegne si sono concentrate sull’industria informatica, a scapito però di quella automobilistica.
A questa fase particolare di mercato corrisponde un aumento della richiesta di cassa integrazione, anche da parte delle aziende italiane, non a causa del calo della domanda dei prodotti, non per le chiusure dovute all’emergenza sanitaria, ma proprio per la mancanza di materie prime e semiconduttori.
Sul fronte dei prodotti di consumo come smartphone e laptop le carenze si stanno risolvendo. Nel settore automobilistico, invece, la situazione è molto diversa. Le aziende, infatti, quando hanno compreso la reale portata della pandemia, hanno iniziato a ridurre i piani di produzione e i loro approvvigionamenti di processori. Questo ha portato i produttori di automobili, nel momento in cui il loro mercato ha ripreso a lavorare, a ritrovarsi privi di materiali. Risultato: molte aziende, da Ford a Toyota, Volkswagen, Nissan e Fca, hanno annunciato tagli di produzione.
Quanto durerà la crisi del microchip? Il CEO di Intel ha annunciato che la carenza potrebbe persistere per altri due anni. Solamente due fabbriche al mondo sono in grado di produrre i microchip più sofisticati – la Tsmc a Taiwan e Samsung in Corea del Sud. Corea del Sud e Taiwan da sole valgono più dell’ 80% della produzione mondiale. Questo sbilanciamento produttivo di certo non aiuta. Intanto è scattata la rincorsa per accaparrarsi i pochi semiconduttori sul mercato.
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha promesso un investimento di 50 miliardi di dollari per rafforzare la capacità produttiva negli USA e ha imposto al governo di studiare nuove strategie industriali, per ridurre la dipendenza da microchip degli Usa dall’estero. L’Europa sta provando a incoraggiare investimenti maggiori in Asia, in particolare a Taiwan, per rispondere alla crisi. Ma anche Bruxelles prova a liberarsi dalla dipendenza eccessiva da Asia e Stati Uniti: il piano della Commissione Ue “2030 Digital Compass”, presentato a marzo, fra gli obiettivi pone anche il raggiungimento di una quota del 20% della produzione mondiale di semiconduttori innovativi e sostenibili, in particolare processori. E anche nel Piano di Ripresa e Resilienza (PNRR) italiano, si parla di uno «stanziamento di 750 milioni di euro di contributi a sostegno di progetti industriali ad alto contenuto tecnologico, tra i quali ricade la produzione di semiconduttori.
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