Ex Ilva, si ferma l’altoforno di Taranto, quali ricadute sullo stabilimento di Novi?
La fermata prevista tra luglio e agosto dell’altoforno 2 della Ex ILVA Taranto – oggi Acciaierie d’Italia – rischia di creare grossi problemi anche allo stabilimento di Novi Ligure. Una fermata che parrebbe finalizzata ad effettuare una serie di attività di ripristino sullo stesso impianto, a partire dal rifacimento del refrattario interno, passando per la manutenzione dei lavatoi per la depurazione dei gas e al ripristino di una turbina.
Le organizzazioni sindacali si dicono preoccupate e fanno sapere che la quantità di semilavorati per far funzionare la fabbrica è ormai ridotta al minimo. Alla Acciaierie d’Italia di Novi sono 150 i dipendenti coinvolti dalla cassa straordinaria. Le ricadute sui salari gravano pesantemente sull’economia delle famiglie dei dipendenti e di certo il caro bollette degli ultimi tempi non fa altro che peggiorare la situazione.
L’impennata dei costi d’energia e di alcune materie prime come il carbon cok stanno impattando negativamente anche sull’andamento produttivo.
A tal proposito Moreno Vacchina, Rsu dello stabilimento novese e dirigente sindacale della FIM Cisl spiega: “Tenere l’altoforno 2 fermo fino a fine agosto significa che a Novi i primi materiali da lavorare arriveranno solo a metà settembre con il rischio di ulteriore Cassa Integrazione” e aggiunge: “Il 26 luglio a Roma si terrà un incontro con l’azienda ed i ministri dello Sviluppo Economico e del Lavoro. Come Sindacato chiederemo che vengano rispettati gli impegni assunti in precedenza per dare seguito a quanto dichiarato in occasione dell’incontro presso il Mise. Va aperta una seria discussione sull’utilizzo della cassa integrazione, sugli investimenti previsti e sulle manutenzioni ordinarie e straordinarie. Le criticità impiantistiche sono state più volte denunciate così come l’utilizzo della cassa integrazione, utilizzata soprattutto per il contenimento del costo del lavoro e non per garantire l’effettuazione delle attività necessarie all’efficentamento e alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori”.
Conclude Moreno Vacchina sottolineando che: “Già con l’arrivo di Arcelor Mittal le cose per i lavoratori non si erano messe benissimo, i premi di risultato sono stati quasi tutti annullati. Le due settimane canoniche di ferie saranno garantite a tutti, ma c’è chi ha un monte ore di ferie da smaltire ben più alto. Chi può cerca un’altra occupazione: sono 628 oggi i lavoratori della fabbrica, contro i 700 previsti in organigramma; così si perdono le professionalità migliori”.
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