Ex Ilva: anche a Novi Ligure attendono risposte sul futuro
Sono stati un centinaio i lavoratori dello stabilimento ex Ilva di Novi Ligure, in provincia di Alessandria, a manifestare il 20 ottobre scorso per le vie di Roma nel giorno dello sciopero di 24 ore di tutti i siti italiani di Acciaierie d’Italia. Come i loro colleghi si sono mobilitati per chiedere chiarezza, garanzie per il futuro e quella “operazione verità”, slogan della giornata, che non è mai arrivata. Con loro è sceso nella capitale anche il sindaco della cittadina novese, Rocchino Muliere, unico primo cittadino dei territori interessati presente alla protesta. “Sono qui oggi a Roma – ha detto il sindaco di Novi Ligure Muliere, intervenendo alla manifestazione – per condividere questa lotta in difesa dei posti di lavoro. Lo stabilimento è la storia della città. Pensare a un futuro senza Ilva non è possibile. Non possiamo permette la chiusura dell’ex Ilva per consunzione”. Parole nette e inequivocabili quelle del sindaco di Novi, da sempre a fianco dei lavoratori in lotta per il posto di lavoro (lo ricordiamo in prima linea anche per il salvataggio della Pernigotti) che ci riportano alla realtà sociale ed economica di una cittadina dove la ex Ilva riveste una importanza fondamentale.
Nello stabilimento di Acciaierie d’Italia della cittadina alessandrina lavorano circa seicento persone. Un tempo erano di più. Dal 2019 ad oggi i dipendenti della fabbrica novese sono scesi di circa 130 unità, passando da 720 di quattro anni fa agli attuali 590. La fuga di manodopera, complice il clima di grande incertezza che regna nello stabilimento, intanto continua. La produzione è scesa ormai a un terzo delle sue potenzialità e la manutenzione periodica ordinaria e straordinaria, affidata a ditte esterne soprattutto nel periodo estivo, non si effettua più. Le condizioni di sicurezza sono sempre più precarie e l’utilizzo della cassa integrazione è sempre più consistente.
L’accordo sugli ammortizzatori sociali in fabbrica, in scadenza il 17 marzo 2024, sottoscritto la scorsa primavera da Fim e Fiom territoriali, prevede la rotazione fino a un massimo di 155 lavoratori al giorno. “Dei 36 milioni di euro di investimenti per il sito di Novi Ligure annunciati a inizio anno dall’azienda – spiega il segretario generale Fim Alessandria-Asti, Salvatore Pafundi – si è visto poco o nulla. Il governo ha dichiarato di aver stanziato a gennaio 2023 ben 680 milioni di euro. Vorremmo capire su che cosa sono stati investiti, visto che tutto è come prima, se non peggio. Lo stabilimento di Novi Ligure necessita di urgenti manutenzioni, sicurezza e incremento dei volumi produttivi”.
Anche l’indotto della zona trema perché sono a rischio centinaia di posti di lavoro dei servizi in appalto di pulizie civili e industriali e della ristorazione. “Il governo – sottolinea il segretario generale della Cisl Alessandria-Asti, Marco Ciani – deve assumersi le proprie responsabilità. Serve un cambio di passo all’interno della governance aziendale e un piano industriale che rilanci la siderurgia a livello nazionale, coinvolgendo inevitabilmente anche la fabbrica di Novi Ligure”.
Dopo la mobilitazione del 20 ottobre scorso il governo ha promesso ai sindacati dei metalmeccanici di coinvolgerli nella trattativa sul futuro dell’ex Ilva e di aprire il tavolo di confronto entro il 7 novembre. Anche nella fabbrica di Racconigi, nel cuneese, che è il secondo sito piemontese della ex Ilva, i lavoratori sono scesi da 150 dipendenti del 2018 agli attuali 80. Anche in questo impianto erano stati promessi 3,5 milioni di investimenti che non sono però ancora arrivati. “Serve una vera svolta – dicono i sindacati – altrimenti moriamo”. (da Conquistedellavoro.it del 24 ottobre 2023)
Rocco Zagaria
Categoria: Focus