“Progettiamo il cambiamento”. Territorio, sfide, industria 4.0 al centro dell’iniziativa promossa dalla Fim ad Asti
Come sarà il lavoro di domani? Come coniugare nuove tecnologie con la tutela dell'occupazione? Ne ha parlato la Fim territoriale durante una recente iniziativa
“Il cambiamento e’ l’unica cosa permanente“, diceva un celebre sociologo che di cognome faceva Bauman.
Questo concetto lo si può indubbiamente ritrovare e sperimentare nella nostra vita di tutti i giorni così come nel mondo del lavoro, vista l’ondata tecnologica che in pochissimo tempo ha rivoluzionato le nostre vite e sta cambiando secondo dopo secondo il volto dell’industria (e non solo).
Ha inteso affrontare il macro-tema dell’industria 4.0 l’iniziativa promossa dalla Fim territoriale ad Asti, presso l’Istituto Oblati San Giuseppe, dal titolo “LA FIM PER LA SFIDA DELLE RELAZIONI INDUSTRIALI 4.0. COSA CAMBIA…”, una tavola rotonda che visto il contributo di Marco Bentivogli, Segretario generale Fim Cisl, Marco Ciani, Segretario generale Cisl Alessandria-Asti, Paolo Rebaudengo, esperto di relazioni industriali, e Giovanna Damiano, direttore dello stabilimento Epta SpA di Casale M.to (AL).
Al centro del dibattito del 4 aprile, moderato da Alessandro Rota Porta, consulente del lavoro del quotidiano “Il Sole 24 Ore”, alcune domande fondamentali: come governare il cambiamenti senza subirli? Come coniugare l’innovazione tecnologica delle nuove “fabbriche intelligenti” con la tutela dell’occupazione?
Si (ri)parte dal numero “4”
Innanzi tutto, perchè parliamo di “industria 4.0”? Perchè dopo il motore a vapore, quello elettrico, l’automazione/ICT (tecnologie dell’informazione e comunicazione) degli anni ’70, oggi ci troviamo davanti alla quarta rivoluzione industriale, in cui l’automazione viene integrata con alcune nuove tecnologie produttive, dette “abilitanti”, per migliorare le condizioni di lavoro e aumentare la produttività e la qualità produttiva degli impianti; si tratta di una rivoluzione strettamente legata alle potenti tecnologie digitali di ultimissima generazione, ed in generale si può dire che la parola-chiave di questa nuova modalità produttiva è l’interconnessione più tra sistemi, sia fisici che informatici. Ecco perchè si sente spesso parlare di “smart production” e di “fabbriche intelligenti”.
Progettare il cambiamento: puntare sull’innovazione non significa distruggere posti di lavoro
Il “nuovo“, il cambiamento in generale può generare diffidenza, timori ed incertezze, pensando ad esempio ad un ipotetico scenario futuro dove robot e macchine possano arrivare a rimpiazzare in tutto e per tutto i lavoratori in carne ed ossa, con conseguenze non certo trascurabili in termini occupazionali.
Ma la tecnologia può e deve essere vista anche come sfida ed opportunità, perchè “non si deve temere ciò che non si conosce, lo si deve studiare”, com’era stato evidenziato in una delle ultime iniziative della Cisl regionale dedicate proprio al tema oggetto del nostro dibattito.
“Puntare sull’innovazione non significa distruggere posti di lavoro. Anzi, in Italia l’occupazione è stata ridotta proprio dalla scarsità o totale assenza di investimenti sulle nuove tecnologie”, rimarca Marco Bentivogli, leader della Fim. “Dobbiamo rivedere la nostra capacità di architettare un nuovo sistema investendo da un lato sull’innovazione per creare nuovi posti di lavoro, dall’altro sulle competenze professionali che servono già da oggi, puntando dunque sulla formazione”.
Ed aggiunge:
“La sfida dell‘industria 4.0 va accompagnata anche da un’altra scommessa, quella del Sindacato 4.0 in cui possiamo ritrovare un giusto mix tra tradizione ed innovazione, un Sindacato che affonda le sue radici nella proposta e nella contrattazione”.
Il sindacalista mette in luce il nodo problematico legato alla competitività del nostro Paese, e la distanza che ci separa ad esempio dalla Germania. “Oggi vediamo un’Itallia a due velocità, con aziende che corrono e aziende che restano indietro, perdendo terreno“, puntando il dito sulla scarsa o debole visione/strategia di insieme, di sistema, di quadra che ancora pesa sulle prospettive di sviluppo del Paese (al fondo della pagina è possibile vedere una clip con intervento di M. Bentivogli).
C’è poi un altro nodo cruciale se vogliamo provare a scattare la fotografia del lavoro di domani.
Nuovi lavori e competenze digitali (che mancano): il ruolo-chiave della formazione
“Con la quarta rivoluzione industriale cambiano il lavoro, le mansioni e i ruoli dentro l’azienda, e anche i regimi di orari. È infatti evidente che le otto ore classiche dentro un orario rigido sono sicuramente inadeguate per un lavoro smart e in una fabbrica smart. Bisognerà allora ripensare gli orari, dal momento che ci sarà la possibilità di qualche forma di controllo remoto del processo produttivo. Inoltre, c’è l’altra grande tendenza all’aumento della componente intellettuale del lavoro (anche per chi è impiegato nella produzione) per risolvere i problemi, migliorare i processi e le tecnologie, progettare nuovi prodotti e servizi”. Così la Fim illustrava la rivoluzione in atto, all’intreno della pubblicazione del 2015 “#Sindacatofuturo in Industry 4.0” (è possibile scaricare l’e-book a questo link).
C’è poi un altro punto fermo: il 65% dei bambini che hanno avviato il proprio percorso scolastico in questi anni, quando termineranno il ciclo di studi, faranno un lavoro che ora non esiste, come sottolineato di recente dal World Economic Forum.
Lo studio rileva che nel periodo 2015-2025 i posti di lavoro “netti”, ovvero la differenza tra gli occupati 2025-2015, aumenterà di quasi il 3% a livello europeo, e si stima che in Italia circa il 34% del totale dei posti di lavoro saranno “sostituiti” entro il 2025 in seguito a pensionamenti e altre uscite dal lavoro.
I posti si concentreranno nella fascia rappresentata da professioni intellettuali, scientifiche ed ad alta specializzazione (scienze, ingegneria, sanità, impresa e istruzione), seguite dalle professioni tecniche, con oltre 2,3 milioni di posti di lavoro in più tra il 2015 e il 2025, mentre nella fascia con qualifiche di basso livello assisteremo ad una perdita di oltre 2 milioni di posti di lavoro.
Qui si nasconde appunto l’insidia: se già oggi esiste un notevole “gap” tra domanda e offerta di lavoro, è evidente che scarse qualifiche e bassa scolarità diventeranno sempre più ”trappole” per i lavoratori di domani.
Questo ha dato e darà origine a quel fenomeno denominato digital mismatch, che si traduce nel fatto che le persone in cerca di lavoro spesso non sono in grado di rispondere ai requisiti e alle competenze tecnologiche e digitali necessarie alle aziende. Sempre secondo recenti studi, la domanda potenziale nel settore ICT (Informatica e comunicazione), in Europa potrebbe essere di quasi 9 milioni di posizioni nei prossimi dieci anni, ma oltre 750 mila (oltre l’8%) rimarranno vacanti perché le aziende potrebbero non trovare candidati con preparazione adeguata.
Un problema evidenziato anche da Marco Ciani, Segretario generale Cisl Alessandria-Asti, con il suo contributo al dibattito, soffermandosi in particolare sulla “frattura” presente tra il mondo della formazione e del lavoro:
“Dobbiamo tentare di ricostruire questo ponte anche attraverso lo strumento dell’alternanza scuola-lavoro, esperienza per noi positiva visti i tanti studenti ospitati all’interno delle nostre sedi sindacali. Se vogliamo continuare a mantenere occupabili i lavoratori, e rendere appetibili coloro che non lo sono, la via non può che essere quella di una formazione mirata e di qualità, sulla base dell’effettivo fabbisogno espresso dalle aziende sul territorio”, ricorda il sindacalista citando l’esperienza dello “Sportello Giovani” attivo presso la sede cisl alessandrina, servizio informativo che ha come scopo quello di accompagnare disoccupati e precari, giovani e meno giovani, nella complicata fase della ricerca di lavoro, attraverso una serie di attività legate alla preparazione di un buon curriculum vitae, alla presentazione di se stessi durante un colloquio di lavoro, a come utilizzare in modo efficace il web ed in nuovi strumenti digitali per la ricerca di impiego.
Serve una rivoluzione culturale, a partire dal territorio
“Siamo probabilmente solo all’inizio di una rivoluzione che pare destinata a stravolgere il mondo per come lo conosciamo, una rivoluzione che non è solo tecnologica, ma forse anche e soprattutto culturale“, fa notare il sindacalista (-> a questo link è possibile leggere l’approfondimento con il contributo di M.Ciani)
E’ dello stesso avviso Giovanna Damiano, direttore dello stabilimento Epta SpA di Casale M.to (AL), gruppo multinazionale specializzato nella refrigerazione commerciale , quando afferma che “occorre investire molte energie sulla formazione per creare una nuova cultura nuova in tutti i siti produttivi”.
A Casale, spiega, sono già state introdotte alcune tecnologie abilitanti, come la stampa digitale per lavorare lamiera, e si sta lavorando in particolare sulla interconnessione dei vari sistemi.
“La crisi del 2008 ci ha obbligato a uscire dai vecchi schemi, oggi si è reso necessario creare una fabbrica diversa da quella che è stata in passato. Il percorso è ancora lungo, ma resta la certezza che per evitare che le imprese ci abbandonino abbiamo bisogno di un Paese piu’ competitivo”, rimarca Paolo Rebaudengo, esperto di relazioni industriali.
Dopo averlo aperto, chiude il dibattito Salvatore Pafundi, Segretario generale Fim Cisl Alessandria-Asti:
“Occorre un salto culturale per non farci sfuggire l’opportunità di avere un’industria altamente tecnologica, per mantere la produzione ed evitare che aziende oggi presenti sul territorio possano essere delocalizzate. Per raggiungere questo obiettivo serve lo sforzo di tutti, lavoratori, imprese e Sindacato. Spingiamo sull’acceleratore”.
P.Toriggia
Per approfondire:
-> Documenti e ricerche sull’industria 4.0 (da sito nazionale Fim)
-> “Libro bianco Fim, Adapt su lavoro e competenze per l’impresa 4.0″
-> Quattro.Zero Lab (Cisl Piemonte)
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