Quale futuro per i metalmeccanici di Alessandria ed Asti? Fim Cisl: “Troppe aziende in crisi, non ce lo possiamo permettere”
C’e’ forte preoccupazione tra i sindacati del settore metalmeccanico del nostro territorio.
L’Alessandrino, hanno spiegato i responsabili della Fim CISL Alessandria-Asti insieme a Fiom Cgil e Uilm Uil terr.li in una conferenza stampa convocata il 29 gennaio, “non può vivere senza una produzione primaria come quella metalmeccanica“.
Le aziende del settore, però, sono ancora in forte difficoltà e secondo i nostri dati sarebbero tra 300 e i 400 i lavoratori della provincia oggi complessivamente a rischio.
Parlando della provincia di ALESSANDRIA, non solo l’ex Ilva di Novi Ligure ma anche altre realtà della provincia sono da tempo in sofferenza e gli ammortizzatori sociali “non bastano più”, con una cassa integrazione che spesso non arriva per aziende che l’hanno chiesta da mesi.
“Questa provincia ha bisogno delle industrie metalmeccaniche perché quello che producono serve ad altre industrie, come l’alimentare, senza dimenticare tutto l’indotto dell’auto tra Felizzano e Quattordio, dove c’è stata la crisi dell’Alfa cavi”, spiegano i sindacalisti, sottolineando che uno dei settori fortemente in crisi è quello legato agli elettrodomestici; altre situazioni preoccupanti restano quelle della Acerbi di Castelnuovo Scrivia e Bundy di Borghetto Borbera.
—> L’intervista a Salvatore Pafundi, Segretario generale Fim Alessandria-Asti, durante la conferenza stampa unitaria del 29 gennaio ad Alessandria -> VIDEO
La “fotografia” della provincia di ASTI non è certo più confortante: in primo piano c’è la crisi della BLUTEC, gruppo che opera nel settore automobilistico, afflitto da una crisi che si trascina da molti mesi abbattutasi su 110 lavoratori.
Denuncia la Fim in una nota insieme alle altre OO.SS dei metalmeccanici: “La crisi della Blutec non è da ricondurre alla sola flessione dei mercati, ma alle scelte sconsiderate della vecchia proprietà che non ha saputo – o meglio voluto – sviluppare un piano industriale che permettesse di restare competitivi e produttivi”.
E poi c’è il triste epilogo della Msa e della consorella Htm: altri 56 posti di lavoro che rischiano di andare in fumo a causa di un buco di 15 milioni di euro, e la sentenza di fallimento pronunciata a gennaio dal Tribunale astigiano, in un contesto industriale già sfibrato da anni da chiusura e ridimensionamento degli organici.
La nostra mobilitazione proseguirà al fine di favorire la messa in campo misure urgenti per salvare il futuro di migliaia di lavoratrici e lavoratori, di tante famiglie, e di tutto il territorio.
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