C’era una volta…un cappello volato in tutto il mondo. La rabbia e la delusione della città di Alessandria per il crac della “Borsalino”, 160 anni di storia
Il 18 dicembre il Tribunale di Alessandria ha decretato il fallimento della storica azienda nata nel 1857 e conosciuta in tutto il mondo (qui una scena di un film di Hollywood). La rabbia e preoccupazione della città: "Situazione assurda, il lavoro c'è"
C’era una volta, oggi non c’è più, un triste “ritornello” che nel nostro Paese tende a ripetersi troppo spesso, negli ultimi anni. Borsalino è una parola, un marchio, una Storia che non ha bisogno di molte presentazioni, un cappello nato dall’ingegno dell’alessandrino Giuseppe Borsalino il 4 aprile 1857, un’eccellenza conosciuta in tutto il mondo, anche grazie al lavoro di tante lavoratrici e lavoratori.
Purtroppo la storica azienda nata 160 anni fa ad Alessandria per poi sbarcare ad Hollywood è fallita: il verdetto è arrivato il 18 dicembre 2017 dal Tribunale di Alessandria, a causa di difficoltà finanziarie venute a galla a partire dal 2015, poi esplose in seguito ad una serie di operazioni portate avanti nel settore del gas da uno dei soci della proprietà di allora, Marco Marenco, che ha accumulato debiti per 3 miliardi e mezzo di euro.
Il giudice Caterina Santinello, presidente del Tribunale civile di Alessandria, ha emesso la sentenza rigettando la seconda richiesta di concordato preventivo presentata dal cda della società: la prima era stata revocata un anno fa, dopo che a marzo 2016 lo stesso tribunale aveva ammesso Borsalino alla procedura.
Un secondo dopo la notizia del fallimento i primi a reagire, com’è naturale, sono stati i 130 dipendenti dell’azienda di Spinetta Marengo, insieme alle organizzazioni sindacali che hanno subito organizzato un’assemblea in fabbrica per far sentire la propria vicinanza ai lavoratori; i quali, insieme alla cittadinanza, hanno manifestato tutta la propria delusione, rabbia e preoccupazione per un futuro incerto:
“Questa è una situazione che ha dell’assurdo, perchè il lavoro c’è e ci sono ordini, per questo, dopo la decisione del tribunale non si può che essere arrabbiati», lamentano alcune lavoratrici. “Mi sento come nel 1986, quando abbatterono la ciminiera”, le parole di un cittadino dopo aver appreso della brutta notizia che ovviamente ha avuto un risalto mediatico nazionale ed internazionale, perche’ questo è un prodotto italiano d’eccellenza conosciuto in tutto il mondo.
Fa sapere Claudio Cavallaretto, sindacalista della Femca Cisl terr.le (settore tessile), che ha seguito la complicata vicenda dall’inizio:
“Naturalmente siamo delusi perché il fallimento non è mai un bel percorso, ma anche in altre realtà si è ripartiti. Non so prevedere il futuro ma alla Borsalino il lavoro c’è e, alla luce di questo, ci attrezzeremo per andare avanti, nonostante non manchino le preoccupazioni in un Paese, come il nostro, dove lavoro, invece, non ce n’è. Anche per questo ci muoveremo a tutti i livelli, politici e sindacali, mettendo in campo tutte le azioni possibili”.
-> VAI AL VIDEO DEL PRESIDIO DEI LAVORATORI della BORSALINO, con intervento di Claudio Cavallaretto, della Femca Cisl territoriale (da Radiogold Tv)
“Avevamo già rappresentato al Prefetto, qualche settimana fa, la nostra viva preoccupazione per il futuro di una realtà così importante per il territorio, che impiega 130 dipendenti e la cui scomparsa potrebbe avere conseguenze gravissime sul piano sociale ed economico, anche oltre il dramma delle tante famiglie coinvolte. Stiamo parlando di una delle più importanti eccellenze italiane”, sottolinea Marco Ciani, Segretario generale Cisl Alessandria-Asti.
Intanto, nella stessa giornata del 18 dicembre, la società dell’imprenditore italo-svizzero Phippe Camperio, la Haeres Equita, ha diramato una nota con cui ribadisce “la volontà di continuare produzione, distribuzione e attività di promozione delle collezioni mantenendo i livelli occupazionali ad Alessandria“. Haeres Equita, che ha in affitto il ramo d’azienda dal 2015, “continua a lavorare con le risorse messe a disposizione per il rilancio di Borsalino e conta di poter proseguire il trend positivo degli ultimi ventiquattro mesi, preservando un patrimonio d’eccellenza del sistema manifatturiero italiano con 160 anni di storia”.
LE ORIGINI DEL “CRAC”
Per capire è utile fare un passo indietro di qualche anno quando, nel 2015, “esplode” la crisi ed il crack dell’azienda, a causa di una serie di operazioni portate avanti nel settore del gas da uno dei soci della proprietà di allora, Marco Marenco, che ha accumulato debiti per 3 miliardi e mezzo di euro.
Dopo la richiesta della procedura di concordato in bianco, nel 2016 l’imprenditore Philippe Camperio, insieme a un collettivo di esperti del lusso, entra nell’operazione di ristrutturazione di Borsalino attraverso la società Haeres Equita che ha poi preso in affitto il ramo d’azienda. A fine 2016 , dopo un primo parere positivo,
dal Tribunale di Alessandria arriva la revoca dell’ammissione al concordato preventivo.
Quest’ultimo è uno strumento che la legge mette a disposizione dell’imprenditore, in crisi o in stato di insolvenza, per evitare la dichiarazione di fallimento attraverso un accordo destinato a portare ad una soddisfazione anche parziale delle ragioni creditorie; si chiama “preventivo”, appunto, per questa sua principale funzione di prevenire la più grave procedura fallimentare che potrebbe seguire ad uno stato di dissesto finanziario.
Ritornando ad oggi, il futuro dell’azienda resta legato all’accettazione del concordato presentato dalla stessa Società Borsalino con un aumento di capitale riservato a Haeres Equita Srl, strumento che permetterebbe di scongiurare la conseguenza peggiore, il fallimento appunto.
L’udienza in Tribunale, fissata il 7 novembre, non ha dato risposte perchè la decisione sul futuro dell’azienda di Spinetta M.go è stata rinviata al 14 dicembre: la magistratura ha infatti chiesto all’azienda di integrare altra documentazione e si è presa più tempo per analizzare la situazione.
“Questo slittamento tiene tutti noi col fiato sospeso e ci fa anche sperare che il collegio della sezione fallimentare del Tribunale presieduto da Caterina Santinello abbia chiesto altra documentazione per raccogliere più informazioni possibili ed essere quindi più attento nella decisione, dopo una riflessione più approfondita“, ha commentato Claudio Cavalleretto della Femca Cisl territoriale, Federazione che rappresenta gli addetti del settore tessile e moda.
L’attività, intanto, non si è mai fermata e Borsalino è un’azienda che, di fatto, funziona: “Dimostrazione che avrebbe tutte le condizioni di efficienza, marginalità di profitto e di richiesta di mercato per garantirne la continuità. Borsalino è un pezzo importante del Made in Italy, e rappresenta un patrimonio importante che va difeso e tutelato dove al centro ci devono essere i 130 dipendenti che con la loro professionalità hanno dimostrato di essere parte integrante di quest’azienda“, hanno evidenziato più volte le organizzazioni sindacali insieme ai lavoratori.
L’udienza in Tribunale è stata preceduta, il 6 novembre, dall’incontro dei Sindacati con il Prefetto di Alessandria, alla presenza del Sindaco e dell’Assessore al Lavoro del Comune di Alessandria. Le OO.SS. e le Istituzioni avevano convenuto, nel massimo rispetto delle prerogative e dell’autonomia della Magistratura, sulla necessità di individuare percorsi che
garantiscano il mantenimento dell’occupazione e della continuità produttiva di un marchio che ha fatto la storia della città di Alessandria.
LA STORIA DI UN CAPPELLO…CHE HA FATTO LA STORIA
Una storia lunga 160 anni, fatta di lotte sindacali, delle prime battaglie per l’emancipazione delle lavoratrici soprannominate “Borsaline“, una storia di creatività e fascino. Un cappello che è stato il copricapo di Al Capome e Bogart, di Fellini, Delon, e Belmondo.
C’era una volta –e ancora c’è – la Borsalino, quella fabbrica di cappelli nata dall’ingegno di Giuseppe Borsalino il 4 aprile 1857. Un tempo la sua ciminiera svettava nel centro di Alessandria. Oggi gli impianti sono stati trasferiti nella zona industriale di Spinetta Marengo, a meno di dieci chilometri dal capoluogo piemontese. Gli eredi della famiglia Borsalino ne sono usciti una trentina di anni fa. Ma perché il destino di una fabbrica il cui prodotto è simbolo dell’eleganza e dello stile del made in Italy e le cui vendite, soprattutto rivolte al mercato estero, continuano a “tirare”, dovrebbe essere a rischio?……Leggi il REPORTAGE “TANTO DI CAPPELLO” realizzato da Conquiste del Lavoro, a firma di E. Crea, nel 2015
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